Vladimir Putin e Papa Francesco (foto LaPresse)

I vescovi mediorentali schierati con Putin. Un problema per il Vaticano

Matteo Matzuzzi
Il patriarca di Baghdad: "Servono truppe di terra"

Roma. L’arcivescovo cattolico greco-melchita di Aleppo, Jean-Clement Jeanbart, intervistato dalla televisione svizzera ha lodato l’azione militare di Vladimir Putin a sostegno del presidente siriano Bashar el Assad. L’escalation del Cremlino, ha spiegato, “è una fonte di speranza per i cristiani del paese”. Putin, a giudizio del presule, “serve la causa cristiana” e la presenza dei militari russi a sostegno di Damasco rappresenta una “ripresa della fiducia” per tutta la comunità non musulmana presente in loco: il presidente russo “sta risolvendo il problema”, ha aggiunto. Si tratta di una posizione che cozza con la linea della Segreteria di stato vaticana improntata a ridurre al minimo tensioni (anche verbali) con le parti coinvolte sul delicato scacchiere del vicino e medio oriente, a cominciare proprio da Russia e Stati Uniti, soprattutto dopo il sorvolo non autorizzato dello spazio aereo turco – e quindi della Nato – da parte di due aerei militari di Mosca. A fine settembre, il segretario di Stato, Pietro Parolin, si era incontrato alla Casa Bianca con l’omologo americano John Kerry.

 

L’evoluzione della situazione in Siria e Iraq verosimilmente ha dominato il colloquio, benché nulla sia stato divulgato alla stampa, neppure il classico comunicato redatto al fine di riassumere per sommi capi i contenuti della conversazione. Di certo, considerata anche la lunga lettera inviata nel settembre del 2013 dal Pontefice a Vladimir Putin, allora presidente di turno del G20, è interesse della Santa Sede che la tensione tra gli Stati Uniti e la Russia si allenti rapidamente. Ieri, aprendo i lavori della Congregazione generale del Sinodo, il Papa ha parlato della questione, invitando i padri a dedicare la preghiera mattutina “all’intenzione della riconciliazione e della pace in medio oriente. Siamo dolorosamente colpiti – ha detto Francesco – e seguiamo con profonda preoccupazione quanto sta avvenendo in Siria, in Iraq, a Gerusalemme e in Cisgiordania, dove assistiamo a una escalation della violenza che coinvolge civili innocenti e continua ad alimentare una crisi umanitaria di enormi proporzioni”. Nessun riferimento diretto ad attori o situazioni specifiche, ché comunque la posizione della Santa Sede vuole essere super partes, ruolo che le consente di fare da mediatore attraverso la capillare rete delle nunziature, come si è constatato in relazione all’allentamento della tensione tra gli Stati Uniti e Cuba. Lo stesso segretario di Stato, a fine agosto aveva rilevato come il problema fosse “veramente complesso” e “probabilmente nessuno ha la soluzione a portata di mano”. Il porporato parlava della questione immigrazione, ma aggiungeva che “ci sono tante cause che concorrono a questo fenomeno” e anche “tante soluzioni che possono essere realizzate subito e altre che richiedono più tempo”. Toni e argomentazioni ben distanti da quelle dei presuli del quadrante mediorientale, compreso il vescovo di Erbil, Bashar Warda, che già dallo scorso inverno aveva chiesto alla Gran Bretagna di inviare le proprie truppe sul territorio. Parolin, invece, insisteva sulla necessità di “riattivare tutto quello che è possibile, anche dal punto di vista diplomatico”. A prendere una posizione netta è stato, nei giorni scorsi, anche il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphaël I Sako, ora a Roma in qualità di padre sinodale. Il presule, che nel suo ultimo libro edito in Italia da Emi (“Più forti del terrore”) ha biasimato il silenzio delle alte autorità islamiche dinanzi agli eccidi e le devastazioni perpetrate dalle milizie del cosiddetto califfato, ha chiesto un intervento con eserciti sul terreno per porre termine al caos.

 

[**Video_box_2**]“La soluzione militare è inevitabile e per sconfiggere l’Isis c’è bisogno di un’azione immediata e precisa”, ha detto in un’intervista al telegiornale di Tv2000, il canale televisivo della Cei. Sako è andato oltre, giudicando “i bombardamenti non efficaci” e auspicando subito l’invio di truppe di terra tra l’Iraq e la Siria. La strada, a suo dire, potrebbe considere nel “chiedere un contributo ai paesi arabi che conoscono la mentalità e la lingua”. Deve comunque essere chiaro che “oltre a cacciare via l’Isis è necessario anche distruggere questa ideologia terribile”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.