Al Sinodo Kasper cerca maggioranze, mentre i padri sono ancora commossi
Roma. L'eco del discorso di sabato pronunciato dal Papa in occasione del cinquantesimo anniversario dell'istituzione del Sinodo dei vescovi ha continuato a risuonare pure oggi nell'affollata Sala stampa vaticana. Francesco, in realtà, di nuovo non ha detto nulla, visto che le stesse frasi, i medesimi princìpi e concetti sono ben spiegati nell'esortazione Evangelii Gaudium, vera summa programmatica del suo pontificato. E il documento risale a due anni fa. Inoltre, la parte riguardante la "revisione" delle modalità d'esercizio del primato petrino erano già state enunciate da Giovanni Paolo II vent'anni fa nella Ut unum sint. Eppure, ha detto il vescovo di Brisbane, mons. Mark Coleridge, il discorso pronunciato da Papa Francesco sabato è "programmatico", di sicuro "il più notevole del Sinodo", anche se "non rivoluzionario". Forse, ha aggiunto il presule australiano, "è venuto il momento di un Sinodo nazionale" e a ogni modo il percorso avviato di certo non finirà con la grande concelebrazione eucaristica di domenica prossima, in San Pietro. Uno dei delegati italiani eletti dalla Cei, il vescovo di Parma Enrico Solmi, dopo aver esordito con battute e risate sul suo essere "vescovo del parmigiano e del prosciutto", ha rievocato la commozione dell'Aula per il racconto fatto dal vescovo messicano Alonso Garza sul bambino che ha spezzato l'ostia, dandone metà al padre divorziato risposato: "Questo bambino ci ha parlato, ci ha mostrato una vita vera e autentica, sicuramente ha scosso l'assemblea, nel senso bello, non mi ha sconvolto ma mi ha fatto venire alla mente situazioni similari e complementari: una signora, che ora ci guarda dal paradiso, che aveva tre bambini, uno adottato con grandissimi problemi fisici, e questa madre incontrava altre madri divorziate risposate e diceva loro: io come posso essere accogliente con te? Le accoglieva", ha detto Solmi. Il patriarca di Gerusalemme, Fouad Twal, ha riconosciuto l'esistenza "di diversità di opinioni", visto che "veniamo da contesti differenti, le sfide sono in parte diverse ma tutti desideriamo il bene della famiglia".
Sulla scia del discorso tenuto dal Pontefice sabato, parole importanti le ha pronunciate il cardinale etiope Berhaneyesus Souraphiel: "le chiese, in tutte le parti del mondo, sono cum Petro e sub Petro. Allora c’è l’universalità, ma dopo bisogna lavorare sul posto, guardando alle varie sfide che si affrontano". Ecco perché se "a livello dottrinale tutto sarà universale e uguale", per "l'approccio pastorale – ad esempio – il Santo Padre ha chiesto che i processi di nullità siano studiati localmente con esperti locali. Non deve passare tutto per Roma e non occorre aspettare le risposte da Roma". A ogni modo, ha aggiunto il porporato africano, "speriamo che i lavori dei gruppi siano fatti in modo che l'universalità della chiesa cattolica venga preservata".
[**Video_box_2**]E a far sentire la propria voce è stato anche il capofila dei novatori nel Sinodo, il cardinale Walter Kasper. Intervistato dall'agenzia Sir, il porporato tedesco ha detto di auspicare "un’apertura" e di sperare "in una maggioranza in favore della comunione ai divorziati, con un processo d’integrazione nelle parrocchie e nella vita della chiesa. Vediamo molte famiglie in posizioni irregolari, ma anche loro sono figli di Dio".