“Esiste ancora il matrimonio naturale?”
Roma. Padre Eberhard Schockenhoff, già assistente di Walter Kasper a Tubinga negli anni Ottanta, teologo moralista all’Università di Friburgo con vasto seguito in Germania e assai ascoltato dai vertici della locale conferenza episcopale, nel simposio a porte chiuse della scorsa primavera ospitato all’Università Gregoriana di Roma aveva auspicato “una evoluzione della dottrina ecclesiastica del matrimonio”. Oggi, in pieno Sinodo dei vescovi sulla famiglia, che di matrimonio e sacramenti tratta ad abundantiam, conferma al Foglio il suo assunto: “Il matrimonio di oggi, che secondo l’idea centrale del Concilio Vaticano II trova il suo senso nell’amore coniugale, non ha più molto in comune con le forme di matrimonio precedenti che erano più che altro comunità di produzione e approvvigionamento”. Si pensi, aggiunge, “che del concetto di amore non è dato trovare menzione nei contratti matrimoniali risalenti a prima del XIX secolo”. Il problema, però, è molto più ampio: “Per molto tempo la teologia morale cattolica ha sostenuto che la natura dell’uomo potesse essere descritta sulla base di categorie metafisiche, come se fosse un essere immutabile. Ma questo modo di vedere le cose non rende giustizia alla dinamica del cambiamento storico. Oggi parliamo di storicità del diritto naturale, e proprio matrimonio e famiglia sono soggetti a un continuo processo di cambiamento nella storia”.
C’è un convitato di pietra, nelle discussioni sinodali di questo biennio, ed è il tema della “legge naturale”, bastione fondamentale della stagione giovanpaolina secondo cui la famiglia, in qualche modo, è sacra perché rispondente alla legge naturale. Schockenhoff non ha dubbi: “Nella teologia morale cattolica il diritto naturale è un problema più che una soluzione rispetto a tutte le difficoltà che presenta una fondazione dell’etica. Nella tradizione vi sono due concetti di natura, uno più biologico e l’altro più strettamente razionale. Nel primo caso – dice – per natura dell’uomo si intende ciò che è dato dalla sua essenza biologica. Nel secondo caso, invece, per natura dell’uomo si intende ciò che è dato all’uomo per seguire lo scopo di un’esistenza ragionevole secondo la formula di Tommaso d’Aquino: secundum rationem vivere. In linea con questo pensiero di diritto naturale razionale non v’è contraddizione tra la predisposizione naturale di certe forme di vita umana e la loro caratteristica storico-culturale”, spiega il teologo tedesco, che aggiunge: “Anche la trasformazione storica delle disposizioni della natura umana non rappresenta comunque un processo indifferente, quasi che si trattasse soltanto di una convenzione”.
Al contrario, sottolinea Eberhard Schockenhoff, “esistono influenze culturali adeguate alla natura umana e influenze inadeguate. Stabilirlo è compito della ragione umana”. In ogni caso, schierarsi dietro il totem della legge naturale lascia il tempo che trova, anche nell’Aula nuova, dice: “L’appello al diritto naturale è tutto fuorché un jolly argomentativo che zittisce le argomentazioni altrui. Al contrario, occorre chiarire che cosa si intende per diritto naturale e che cosa si vuole argomentare facendo riferimento al diritto naturale. Credo – afferma – che i dibattiti svolti nell’Aula del Sinodo non tocchino tali questioni preliminari aventi carattere ermeneutico, ma siano orientati più che altro a problemi pratici che stanno al centro del messaggio della chiesa”.
“L’Humanae vitae ha sempre convinto poco”
Da quel che si dice nei briefing in sala stampa e (soprattutto) da quanto viene messo online da diversi padri che preferiscono fornire una versione più dettagliata di quanto avviene in assemblea, senza filtri o valutazioni d’altro tipo, si è discusso anche di Humanae vitae, l’ultima enciclica di Paolo VI che diversi tra i presenti al Sinodo (primo fra tutti il vescovo di Anversa, mons. Johan Bonny) vorrebbero musealizzare e dichiarare superata quanto ai contenuti e ai princìpi ispiratori. Un documento, quello, che “io non definirei superato”, dice Schockenhoff, “dal momento che già quando fu pubblicato incontrò una diffusa resistenza e i suoi argomenti convinsero ben poco tanti fedeli sin dall’inizio”. Con obiettività, spiega, si può dire che “è stata un’enciclica molto controversa che in Europa o non è stata accettata dai fedeli o addirittura è stata apertamente rifiutata. E la non recezione di un insegnamento magisteriale va presa in considerazione quando si segue l’argomentazione di quell’enciclica”.
[**Video_box_2**]Il teologo parla di Europa, una realtà che anche nel confronto sinodale è stata per alcuni troppo presente rispetto a quella ben più dinamica africana. Schockenhoff però ha seri dubbi circa la possibilità di prendere a modello la famiglia africana per sperare in una rievangelizzazione dell’occidente secolarizzato: “Non credo che il modello di matrimonio o di famiglia che si sviluppa in un continente si possa proporre senza problemi in altri. La chiesa in Africa ha problemi diversi rispetto a quelli delle mutevoli forme di vita di coppia della società secolarizzata, nel senso che deve impregnare della forza del Vangelo e del credo cristiano le forme tradizionali di matrimonio. Immagino – chiosa il nostro interlocutore – che i vescovi africani conoscano i problemi dal proprio angolo di osservazione e non abbiano quindi bisogno di lezioni dall’esterno. Per questo, stabiliranno un dialogo critico con i loro confratelli europei e nordamericani, rinunciando alle lezioni che loro stessi non desiderano ricevere dagli altri”.
ha collaborato Giovanni Boggero
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