La relazione finale sarà votata sabato pomeriggio paragrafo per paragrafo (LaPresse)

Tante domande e poche risposte nel testo finale del Sinodo

Matteo Matzuzzi
Il cardinale Oswald Gracias, uno dei quattro presidenti delegati del Sinodo, spiega in Sala Stampa che la relazione finale “darà direzioni generali, ma non entrerà in punti molto specifici”. Sarà un documento snello (un centinaio di paragrafi) che finirà sulla scrivania di Francesco, dal quale “ci aspettiamo le linee guida”.

Roma. La relazione finale del Sinodo è quasi pronta. Il testo è stato consegnato ai padri, che venerdì mattina lo discuteranno e proporranno le ultime limature. Sabato, votazione in Aula paragrafo per paragrafo, prima del probabile placet finale. A sentire il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente delegato dell’assise, è meglio non aspettarsi la rivoluzione. Innanzitutto, ha sottolineato, sarà un documento che “non è indirizzato al mondo”, bensì “una riflessione del Sinodo consegnata al Santo Padre, che poi deciderà cosa fare”. In secondo luogo, dopo aver ripetuto che “non si tocca la dottrina”, Gracias ha precisato che la relazione finale “darà direzioni generali, ma non entrerà in punti molto specifici”. Sarà un documento snello (un centinaio di paragrafi) che finirà sulla scrivania di Francesco, dal quale “ci aspettiamo le linee guida”.

 

La sensazione è che come un anno fa il testo finale non propenderà in modo chiaro a favore di una delle due linee che si sono contrapposte nel biennio di confronto all’insegna della parresìa su famiglia e sacramenti. Troppo evidenti le divisioni tra i padri – “sono emerse opioni differenti e su alcune siamo ancora in ricerca” – benché l’auspicio rimanga quello di “arrivare a direzioni pastorali accettabili da tutti”. La soluzione prospettata dal circolo in lingua tedesca, che individua nella Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II i criteri “che aiutano a discernere” nella “complessità delle questioni” oggetto del Sinodo (soprattutto il tema dei divorziati risposati da accostare all’eucaristia) e menziona il foro interno dove praticare il “cammino di riflessione e penitenza”, è la mediazione che potrebbe far convergere il maggior consenso nell’Aula, benché sul cammino penitenziale siano non pochi i dubbi sia tra quanti rifiutano un aggiornamento della pastorale sia tra coloro che vorrebbero invece che la chiesa “aprisse le porte” con più coraggio. E’ anche per questo che la relazione finale “conterrà tutte le domande, ma non tutte le risposte”, ha detto ancora Gracias, facendo intendere che si delinea una sorta di compromesso tra le due spinte opposte.

 

Non è un caso che la bozza di documento sia stata approvata all’unanimità dalla commissione nominata dal Papa, contemplando quindi il voto favorevole sia dei novatori più convinti (come il vescovo argentino Victor Manuel Fernández e il segretario speciale, mons. Bruno Forte) sia del relatore generale, il cardinale ungherese Péter Erdo. Quel che è certo è che la relazione non sarà una copia della Familiaris consortio, visto che “rispetto a trent’anni fa ci sono nuove sfide per la famiglia”. Dall’arcivescovo di Mumbai è giunto poi un appoggio esplicito alla prospettiva di devolvere più poteri alle conferenze episcopali locali, plaudendo al “sano decentramento” menzionato da diversi circoli minori. Aprendo i lavori della sedicesima congregazione generale, il Papa ha annunciato l’istituzione di “un nuovo dicastero con competenza sui laici, la famiglia e la vita, che sostituirà il Pontificio consiglio per i laici e il Pontificio consiglio per la famiglia, e al quale sarà connessa la Pontificia accademia per la vita”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.