Dàgli a Douthat! Dopo il Sinodo, ecco il maccartismo dei cattolici liberal
Roma. Attempati “progressisti” dati per sconfitti che si prendono la rivincita sui giovani avversari wojtyliani e ratzingeriani. Vescovi africani che difendono l’antica fede dell’Europa dall’assedio dei colleghi tedeschi e italiani. Un papa gesuita in guerra con quella che fu la Santa Inquisizione. Paladini del matrimonio indissolubile che si ritrovano accusati di farisaismo, quando “nel vangelo erano i farisei a giustificare il divorzio, ed era Gesù a rifiutarlo”. Queste e altre curiose “ironie” della situazione si è permesso di cogliere Robert Douthat in un “op-ed” uscito il 18 ottobre, in pieno Sinodo, sul New York Times. Ma all’elenco stilato dal columnist cattolico conservatore della bibbia liberal americana mancava ancora quella che probabilmente è la madre di tutte le ironie: i cattolici “del dialogo” che brigano per vedere i loro avversari imbavagliati e ridotti al silenzio.
E’ stato proprio l’articolo di Douthat contro il presunto “Complotto per cambiare il cattolicesimo” a scatenare nel fronte progressista l’inaudita brama di censura. Un paio di giorni fa è uscita sul blog collettivo Daily Theology una lettera aperta con la quale un drappello di intellettuali cattolici americani, pur senza arrivare a esigere espressamente l’espulsione del corpo estraneo, ricordano al direttore del New York Times che Douthat “non ha alcuna qualifica professionale” per scrivere di questi temi, né tanto meno per “accusare altri membri della Chiesa di eresia, ora velatamente, ora apertamente”, e lamentano che “la sua visione del cattolicesimo” è troppo “soggetta a una narrazione politicamente faziosa che ha molto poco a che fare con ciò che il cattolicesimo è realmente”. “Non è questo che ci aspettiamo dal New York Times”, concludono gli appellanti. La lista dei sottoscrittori è in continuo aggiornamento (ieri le firme erano più di 40), ma oltre al fatto che il concetto di eresia non appare mai nell’articolo incriminato di Douthat, né nella variante “velata” né in quella “aperta”, ad aggiungere ironia all’ironia è la presenza tra i promotori dell’anatema del professore Massimo Faggioli, storico del Cristianesimo alla University of St. Thomas di Minneapolis, blogger vaticanista dell’Huffington Post (versione .it), una sorta di giovane Melloni transatlantico, il classico intellettuale intervistato da Repubblica quando occorre elencare “tutti i nemici di papa Francesco”. Il nome di Faggioli appare in calce alla lettera subito sotto a quello del teologo gesuita John O’Malley, e il bello è che lo studioso ferrarese, sedicente “cattolico di scuola Vaticano II e democratico”, passa il tempo a diffondere su “varie riviste e quotidiani, italiani e non”, tesi speculari e opposte a quelle di Douthat, senza troppo badare all’asetticità politica della narrazione.
[**Video_box_2**]A uno così dovrebbe far piacere che il conservatore Douthat denunci l’esistenza di un “complotto” guidato dal Papa in persona per rivoltare la fede come un calzino, in sostanza accreditando col bollino del New York Times le teorie sul magistero di Bergoglio diffuse fin dall’inizio del pontificato da un certo mondo intellettuale. Invece, come ha notato il blogger conservatore Rod Dreher, la “gang Faggioli-O’Malley” ha preferito inaugurare la stagione del “maccartismo cattolico progressista” processando pubblicamente il presunto nemico di Francesco e contestualmente condannandolo per aver scritto “ora velatamente, ora apertamente” idee che non ha mai scritto. Ma poi – domanda Dreher – anche se Douthat avesse effettivamente accusato qualcuno di eresia, “so what?”. “L’eresia è un tema costante nel cristianesimo, lo è da sempre. Mi devo essere perso le lettere in cui questa combriccola protesta per i commenti dei colleghi cattolici liberal di Douthat Maureen Dowd e Frank Bruni contro Benedetto XVI e contro qualunque cosa abbia a che fare con l’ortodossia cattolica”.
Editoriali
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