Nuovi vescovi per la rivoluzione di Francesco. Scelte in discontinuità a Bruxelles e Barcellona
Roma. Più che nell’accorpamento di dicasteri e controlli catastali sui metri quadrati degli appartamenti concessi ai cardinali, la vera rivoluzione di Francesco si vede nelle nomine episcopali. E’ su questo piano che il mantra della continuità rispetto ai due immediati predecessori perde colpi. I segnali erano già arrivati (mons. Blase Cupich a Chicago; il card. Cañizares rispedito in Spagna ma non nell’agognata Madrid; la scelta di inviare a Bologna e Palermo un vescovo e un prete che hanno come fari Dossetti e Lercaro). Ieri è arrivata la certezza riguardo la nuova strada intrapresa. A Bruxelles, estrema periferia della cristianità europea, il Papa ha nominato vescovo mons. Jozef De Kesel, pupillo dell’emerito Godfried Danneels, che cinque anni fa Benedetto XVI aveva considerato (per due volte) non idoneo. A Barcellona, Francesco ha mandato mons. Juan José Omella Omella, tra i più critici riguardo la gestione della Conferenza episcopale spagnola targata Rouco Varela.
Il caso belga è illuminante per comprendere la sterzata, netta e chiara, che Francesco ha dato. Il primo dato eloquente sta nell’accettazione pressoché immediata della rinuncia presentata dall’arcivescovo André-Joseph Léonard, un’anomalia se si considera che è prassi (seguita in molteplici circostanze anche dall’attuale Pontefice) concedere un biennio di proroga al vescovo uscente. In secondo luogo, il nome scelto per la successione rappresenta una totale sconfessione circa l’operato di Léonard, portando in rilievo il ruolo attivo dell’arcivescovo emerito di Bruxelles, il cardinale Godfried Danneels, per trent’anni primate del Belgio e considerato uno degli esponenti più “progressisti” del collegio cardinalizio e ostile (stando a biografie di recente pubblicazione) all’elezione di Joseph Ratzinger a Papa nel 2005. Cinque anni dopo, Danneels non voleva che il suo successore fosse Léonard, considerato troppo conservatore per la diocesi che fu, tra gli altri, di Léon-Joseph Suenens, tra i protagonisti del Concilio. Non si tratta di fantasie giornalistiche, visto che a rivelarlo in un’intervista al Regno fu l’allora nunzio in Belgio Karl-Joseph Rauber, creato cardinale da Francesco lo scorso febbraio: “Mons. Léonard non era entrato nella terna. Dalle nostre inchieste vi erano altri più graditi. Quando dalla prima terna è stata tolta una persona perché ritenuta troppo anziana, non è entrato neppure nella seconda terna. E’ chiaro allora che ‘in alto’ hanno voluto così”. Ma mons. Rauber andò oltre: “Léonard è certamente una persona fedele a Roma, fedelissima. E’ intelligente, sa parlare molto bene, conosce molte lingue, è un filosofo interessante, manda sempre i suoi libri al Papa. Personalmente, non lo vedo del tutto adatto per Bruxelles. Avrei preferito un ausiliare di Danneels”, con il quale “ho parlato molte volte, conosceva i nomi della terna e sapeva che non vi figurava il nome di Léonard”.
E, sempre stando alle parole dell’allora nunzio, Danneels “ha fatto buon viso a cattivo gioco. Certamente avrebbe preferito un altro, uno dei suoi ausiliari, molto stimato dal clero”. E quell’ausiliare tanto sponsorizzato dal cardinale Danneels era proprio mons. De Kesel, che oggi ha ottenuto la nomina “con cinque anni di ritardo”, come ha scritto il quotidiano Le Soir nel suo articolo circa il cambio della guardia nell’arcidiocesi belga. Il nuovo vescovo, dall’orientamento diametralmente opposto a quello del predecessore, è favorevole a un dialogo circa il sacerdozio femminile e la revisione delle norme che regolano il celibato sacerdotale. Posizioni che hanno portato sempre Le Soir a sottolineare che il presule prescelto è “la naturale estensione, una sorta di figlio spirituale” del cardinale Danneels. La morale della faccenda, si legge nel commento del popolare quotidiano locale, è che con Léonard, “discepolo di Benedetto XVI, non si è aperta un’epoca, ma il suo quinquennio è stato solo una parentesi”.
[**Video_box_2**]La scelta del nuovo arcivescovo di Barcellona è in linea con il nuovo orientamento pastorale dato da Francesco, già chiaro in Spagna dopo la decisione di nominare arcivescovo di Madrid, un anno fa, mons. Carlos Osoro Sierra, presule poco avvezzo al protagonismo sulla scena pubblica e alle battaglie muscolari con le autorità governative. Per averne conferma è sufficiente ricordare che dieci anni fa, mentre il cardinale Antonio María Rouco Varela guidava la manifestazione contro le politiche di José Luis Zapatero, mons. Omella Omella non si presentò all’appuntamento, preferendo partecipare a una marcia contro la povertà. A ogni modo, la nomina ha colto di sorpresa più d’un osservatore, nonostante il profilo “bergogliano” del prescelto. Mons. Omella, infatti, non è catalano, e data la delicata situazione politica, con le forti rivendicazioni indipendentiste della regione, era data per più probabile la nomina del vescovo di Urgell, il sessantaseienne mons. Joan Enric Vives.