Il Papa all'Angelus commenta Vatileaks: "Rubare quei documenti è un reato, un atto deplorevole"
Roma. “Rubare quei documenti è un reato, un atto deplorevole che non aiuta”. Così il Papa ha commentato il furto di carte riservate sullo stato delle finanze vaticane usate per la pubblicazione di due recenti e corposi volumi firmati dai giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi. Al termine della preghiera dell’Angelus, Francesco ha voluto rassicurare i fedeli “turbati dalle notizie circolate nei giorni scorsi a proposito di documenti riservati della Santa Sede che sono stati sottratti e pubblicati” (azione che ha portato all’arresto del monsignore spagnolo Lucio Vallejo Balda e della pierre signorina Francesca Immacolata Chaouqui). Dopo aver biasimato il “reato”, il Pontefice ha assicurato che “questo triste fatto non mi distoglie certamente dal lavoro di riforma che stiamo portando avanti con i miei collaboratori e con il sostegno di tutti voi. Sì – ha sottolineato – con il sostegno di tutta la Chiesa, perché la Chiesa si rinnova con la preghiera e con la santità quotidiana di ogni battezzato”. Il Papa ha ricordato che quelle carte erano già note, tant’è che “io stesso – ha aggiunto – avevo chiesto di fare quello studio, e quei documenti io e i miei collaboratori li conoscevamo bene”.
Prima della preghiera, Bergoglio aveva contestualizzato nell’attualità il brano evangelico di oggi, che parla della vedova povera che versa solo due monete nella cassa del tempio di Gerusalemme. Donna che “aveva dato tutto quanto aveva per vivere”. Se la vedova rappresenta un “ideale esemplare di cristiano”, la prima parte del Vangelo proposto spiega invece “come non devono essere i seguaci di Cristo”. Il Papa ricorda che Gesù “addebita agli scribi, maestri della legge, tre difetti che si manifestano nel loro stile di vita: superbia, avidità e ipocrisia. A loro piace ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti”. Ma “sotto apparenze così solenni si nascondono falsità e ingiustizia. Mentre si pavoneggiano in pubblico, usano la loro autorità per ‘divorare le case delle vedove’”. Scribi che, tra l’altro, “pregano a lungo per farsi vedere”. Tutti atteggiamenti che anche oggi si rischia di assumere, ha sottolineato il Pontefice, “ad esempio quando si separa la preghiera dalla giustizia, perché non si può rendere culto a Dio e causare danno ai poveri. O quando si dice di amare Dio, e invece si antepone a Lui la propria vanagloria, il proprio tornaconto”. Gesù, ha proseguito Bergoglio, “dice anche a noi che il metro di giudizio non è la quantità, ma la pienezza; non è questione di portafoglio ma di cuore. Ci sono malattie cardiache che abbassano il cuore al portafoglio, e non va bene”, ha chiosato.
L'aneddoto della cotolotta alla milanese
Per dare l’idea, il Papa ha citato un aneddoto risalente ai tempi in cui era “nella diocesi anteriore”. "Erano a tavola una mamma con i tre figli; il papà era al lavoro; stavano mangiando cotolette alla milanese... In quel momento bussano alla porta e uno dei figli – piccoli, 5, 6 anni, 7 anni il più grande - viene e dice: “Mamma, c’è un mendicante che chiede da mangiare”. E la mamma, una buona cristiana, domando loro: “Cosa facciamo?” – “Diamogli, mamma...” – “Va bene”. Prende la forchetta e il coltello e toglie metà ad ognuna delle cotolette. “Ah no, mamma, no! Così no! Prendi dal frigo” – “No! facciamo tre panini così!”. E i figli hanno imparato che la vera carità si dà, si fa non da quello che ci avanza, ma da quello ci è necessario. Sono sicuro che quel pomeriggio hanno avuto un po’ di fame... Ma così si fa!".