La chiesa irachena in campo contro l'islamizzazione forzata dei minori
Roma. Il patriarca di Babilonia dei caldei, mar Louis Raphaël I Sako, è sceso in campo contro la legge varata dal Parlamento iracheno che obbliga i minori di diciott’anni a diventare automaticamente musulmani nel caso in cui uno dei due genitori (ne basta uno soltanto) decida di convertirsi all’islam. Il patriarca ha lanciato un appello perché si ripari il danno, dicendosi pronto a valicare i confini nazionali per portare la protesta nelle sedi opportune: “Vogliamo affermare con forza che, in caso di applicazione di questa legge, faremo sentire la nostra voce a livello internazionale e faremo in modo che l’Assemblea dei deputati debba rispondere per questo al Tribunale internazionale”, ha scritto in una nota pubblicata da AsiaNews, il portale del Pontificio Istituto per le missioni estere. Martedì scorso, in mattinata, decine di esponenti delle comunità cristiane locali, di yazidi e altre minoranze si sono ritrovati davanti alla chiesa di San Giorgio, a Baghdad, per far sentire la propria voce. Secondo mar Sako, non solo la procedura scelta “è tra le più discriminatorie in assoluto”, ma è perfino “contraria a quanto è scritto nel Corano stesso, che indica in più di un versetto che non vi è alcun obbligo nell’abbracciare una fede religiosa”. Considerando il reato di apostasia presente nelle società a prevalenza islamica, si intuisce come la scelta imposta al minore diventi definitiva, a meno di non lasciare il paese. La maggioranza aveva tentato di far passare sotto silenzio la norma controversa, inserendola nella cornice di un provvedimento più ampio sulle carte d’identità. Il paragrafo 2 della legge prevede infatti che “i figli debbono seguire la religione del genitore convertito all’islam”.
“E’ inaccettabile – scrive il patriarca caldeo – che quando un genitore tradisce il suo legame verso i figli, ciò comporti che la seconda parte in causa venga privata della possibilità di rispettare la promessa fatta e mantenere la propria fede religiosa”. E’, in sostanza, un attacco alla libertà religiosa, chiosa. Intervenuto a Radio Vaticana, Sako ha sottolineato che il rischio è quello di veder sorgere sulle macerie irachene uno stato teocratico. La ragione è che oggi c’è “un movimento estremista religioso nel mondo arabo. L’islam vive oggi una crisi, un po’ dappertutto. Daesh, al Qaida, ma anche la gente. Hanno un concetto religioso molto, molto chiuso. Se loro non arrivano a una spiegazione moderata, aperta, aggiornata sento che non hanno futuro. L’islam, dunque, deve essere aggiornato. Creare anche regimi basati su un’unica religione è una discriminazione. Si può lasciare la libertà religiosa e non mettere la religione sui documenti ufficiali, come hanno già fatto la Tunisia e l’Autorità palestinese”. L’obiettivo della mobilitazione, ha aggiunto, è quello di “rivendicare il principio secondo cui il minore deve mantenere la propria religione di appartenenza e la propria fede, secondo le convinzioni personali, al raggiungimento della maggiore età”.
[**Video_box_2**]I parlamentari, insomma, “farebbero bene a non immischiarsi” in questioni che hanno a che fare con la fede religiosa dei singoli individui. Gli esponenti delle varie minoranze avevano proposto un emendamento alla legge che avrebbe consentito ai figli dei convertiti di scegliere il proprio credo una volta raggiunta la maggiore età. Mediazione respinta in modo netto dall’assemblea: 137 no e solo 51 sì. “Il dovere del governo – ha detto il patriarca caldeo – non è quello di mettere barriere fra la gente o i cittadini, ma è di costruire una società secolare, con tanta dignità e libertà. Non possiamo vivere in uno stato teocratico come nel VII secolo, non è accettabile oggi”.