Il Papa apre il Giubileo e bacchetta chi si oppone alle aperture dello Spirito
Roma. La Porta santa è aperta, il Giubileo iniziato. I primi ad attraversarla sono stati Francesco, Pontefice regnante, e Benedetto, Pontefice emerito. A seguire, la schiera di cardinali e vescovi che ha partecipato alla sobria celebrazione in piazza San Pietro, sotto una leggera pioggia. Se ci fossero stati ancora dubbi sull’impronta che Bergoglio vuole dare all’Anno santo, questi si sono dissolti ascoltando la breve (meno d’una cartella dattiloscritta) omelia. “Se tutto rimanesse relegato al peccato saremmo i più disperati tra le creature, mentre la promessa della vittoria dell’amore di Cristo rinchiude tutto nella misericordia del Padre”. Misericordia che tutto può e che, soprattutto, “accoglie tutti e a ognuno va incontro personalmente”. Lo avrebbe ribadito con più enfasi poco dopo, sottolineando “quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia”.
Non è la prima volta che Francesco rimarca il punto, andando oltre le disquisizioni teologiche sull’inscindibilità di giustizia e misericordia, che tanto avevano tenuto banco nel biennio sinodale. E frasi simili il Papa le aveva pronunciate nel discorso conclusivo del Sinodo sulla famiglia dello scorso ottobre, affermando che “senza mai cadere nel pericolo del relativismo oppure di demonizzare gli altri, abbiamo cercato di abbracciare pienamente e coraggiosamente la bontà e la misericordia di Dio che supera i nostri calcoli umani e che non desidera altro che tutti gli uomini siano salvati”. Un intervento, questo, che era stato interpretato come una critica a quanti s’erano detti indisponibili a ogni apertura in fatto di pastorale nei riguardi delle “famiglie ferite”; fermi nel ritenere che la misericordia altro non è che il compimento della giustizia. Il Papa ha capovolto il quadro: “Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio”. Chiara antifona anche nell’ottica di quanto deciderà nei prossimi mesi circa i temi più delicati discussi al Sinodo (comunione ai divorziati risposati su tutti).
Il legame tra l’Anno santo e il Vaticano II
Ma Bergoglio, nel giorno in cui cadeva il cinquantesimo anniversario della chiusura del Vaticano II, ha voluto ricordare quell’evento dicendo che allora i padri “spalancarono un’altra porta verso il mondo”. Francesco ha sottolineato come questa scadenza non possa essere “ricordata solo per la ricchezza dei documenti prodotti” – la messa è stata preceduta dalla lettura di brani tratti dalle quattro costituzioni conciliari – perché “in primo luogo il Concilio è stato un incontro tra la chiesa e gli uomini del nostro tempo”. Di più, un “incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua chiesa a uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in se stessa”. E il Giubileo “ci obbliga a non trascurare lo spirito emerso dal Vaticano II”, ha chiosato.
[**Video_box_2**]Il rischio che si corre in quest’Anno santo, aveva avvertito qualche giorno fa l’arcivescovo di Philadelphia, mons. Charles J. Chaput, in un lungo articolo apparso sulla rivista cattolica americana First Things, è di “confondere la misericordia con la pietà”. Spesso – scriveva il presule americano – “pensiamo alla misericordia come qualcosa di opposto al corretto giudizio. Ma ciò è fuorviante. Si consideri un insegnante che si accorge che uno dei suoi studenti sta male, con lividi e altri segni di percosse. Sentirsi male per il bambino non serve a niente. La vera misericordia comporta un’azione, dei fatti. Il bambino è abusato a casa? E’ stato picchiato a scuola? Le decisioni vanno prese, le azioni malvagie segnalate. I malfattori devono essere condannati. E’ una falsa pietà quella che compatisce un bambino che soffre ma poi si esime dal toglierlo dalle mani di chi gli fa del male. Una persona misericordiosa è veloce nel servirsi del potere che ha per distruggere il male. E questo è ciò che Dio fa in tutta la Scrittura”.
Vangelo a portata di mano