Ma che cos'è l'Immacolata?
La prima cosa bella dell’Immacolata Concezione consiste nel suo essere un dogma. I dogmi non si possono discutere, secondo me non si devono neppure pensare, è sufficiente riconoscerne l’esistenza così come si riconosce l’esistenza dei fiumi e dei vulcani: ci risparmiano quindi il fastidio di essere teologi. Già il titolo della bolla di proclamazione, “Ineffabilis Deus”, contiene l’idea del mistero inscrutabile e indicibile, e non a caso il medesimo Pio IX proclamò qualche anno dopo il dogma dell’infallibilità papale. “Ognuno di questi atti costituiva un bastione teologico, una linea di argine contro il processo di secolarizzazione seguito alla rivoluzione francese” ha scritto lo storico della Chiesa Roberto De Mattei, simpatizzante del Papa del Sillabo. Domenicani e francescani e altri uomini di Chiesa sul concepimento immacolato di Maria, la madre di Gesù, hanno disputato ossia litigato per secoli, ed è giusto che di tutto questo rumoroso orgoglio teologico rimanga tanto poco, libri che nessuno legge e qualche opera d’arte come la pala d’altare della chiesa di Santo Spirito a Firenze (autore Pier Francesco Foschi, anno 1546) in cui San Gerolamo, Sant’Agostino, Sant’Anselmo e San Bernardo discutono e discutono mentre Adamo giace a terra, ucciso dal peccato originale o forse addormentato per la noia. Non un brutto lavoro ma un po’ troppo affollato e didascalico, sono venuti meglio i quadri dei pittori che senza aspettare il 1854 e Pio IX presero le parti del dogma in progress e penso soprattutto alle Immacolate Concezioni spagnole, alla poesia aerea di Velázquez, Murillo, Zurbarán. Perfino nell’incredulo Ventunesimo Secolo, perfino nella cinica Italia, dalla fonte del dogma continuano a sgorgare immagini. A volte gli artisti rappresentano la tradizionale Maria ragazzina, coronata di stelle e calpestante il serpente simbolo del peccato originale, a volte mostrando forme diverse: l’Immacolata Concezione quasi astratta e astronautica di Marco Cingolani, la Donna vestita di luce di Giovanni Gasparro per la basilica aquilana di San Giuseppe artigiano, l’Ex Immacolata di Paolo Annibali. Quest’ultima anziché una Madonna è una donna che sembra aver tradito il proprio nome, siccome il serpente anziché ai piedi si trova sulla testa.
La seconda cosa bella dell’Immacolata Concezione è dunque l’onomastica, le migliaia di Immacolate e di Concette quasi tutte meridionali (ma c’è un’Immacolata anche nel veneto “Prete bello” di Goffredo Parise) che in passato i cristiani maschi sognavano di sposare. Oggi si tende a sognare altro, anche per mancanza di materia prima: dagli anni Sessanta, gli anni del Concilio Vaticano II che dei Sessanta fu sia causa sia effetto, entrambi i nomi hanno cominciato a declinare arrivando quasi a scomparire, perfino in Campania (roccaforte di Immacolata) e in Sicilia (baluardo di Concetta). L’apostasia onomastica produsse sottoprodotti quali il vile accorciamento-occultamento Imma e l’esotico della mutua Concita: lo stesso meccanismo che, laddove famiglie e ragazze non credevano più nella propria religione e nella propria nazione, fece di innumerevoli Carmele altrettanto innumerevoli Carmen. Nel 1980 era ancora possibile che un film girato nell’entroterra napoletano si intitolasse credibilmente “Immacolata e Concetta”, avendo come protagoniste due donne con questi nomi. Due lesbiche, vabbè, e una pure assassina, e però sarebbe stato peggio se si fossero chiamate Aurora e Asia perché in tal caso nemmeno una speranza di perdono (o di misericordia, giacché siamo in giorno di Giubileo) ma solo panteismo, cremazione e chi s’è visto s’è visto.
La terza cosa bella dell’Immacolata Concezione è la colonna di piazza Mignanelli. Quando ancora guardavo la televisione lo facevo tre volte l’anno: per il festival di Sanremo, per il Palio dell’Assunta, per l’omaggio alla statua dell’Immacolata di piazza Mignanelli. Su tre programmi, due feste mariane. D’Annunzio ci scrisse sopra alcuni versi, sono del periodo mondano-bizantino e pertanto non dei migliori: “In sua gloria la Madonna / sorridendo benedice / di su l’agile colonna / lo spettacolo felice”. I Papi partecipano alla cerimonia dell’omaggio floreale dal 1953 e per quanto Roma mi renda nervoso devo ammettere che molti 8 dicembre ho desiderato la disponibilità di una finestra nei pressi. Sebbene sia riuscito a commuovermi senza spostarmi dal divano, solo guardando lo schermo. A proposito di commozione: la quarta cosa bella dell’Immacolata Concezione è che nel suo giorno si fa il presepe. Questo non è un dogma, c’è chi senza sbagliare lo fa prima o lo fa dopo, eppure l’8 dicembre non è solo un punto di riferimento calendariale: dal concepimento della Madre è facile intravedere la nascita del Figlio. La quinta cosa bella è la sua natura di festa molto devozionale, finanche sentimentale come ogni festa dedicata alla Vergine, e pertanto sottilmente anticlericale. In questi giorni individuare il soggetto clericale è facilissimo, basta ascoltarlo e sentire quale coincidenza gli evoca l’apertura del Giubileo: se l’Immacolata Concezione è un devoto mariano, se la chiusura del Concilio Vaticano II è il neoarcivescovo di Bologna monsignor Matteo Zuppi.
[**Video_box_2**]La sesta cosa bella è il linguaggio della bolla di Pio IX, tutta immagini ultraterrene (“L’intera Corte celeste…”), tutta un plurale maiestatis (“Le Nostre personali preghiere… la Nostra mente… dichiariamo, affermiamo e definiamo…”). La settima cosa bella è che meno di quattro anni dopo la proclamazione del dogma fu la stessa protagonista a confermarlo, nella grotta di Lourdes: “Que soy era Immaculada Councepciou” disse in occitano la Madonna all’occitana Bernadette che però non capì nulla perché di dogmi ne sapeva ancor meno di un cattolico di oggi e corse a riferire l’espressione al parroco, che invece conosceva la bolla di Pio IX e rimase sconvolto.
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