Una statua di Socrate

Ma perché anche noi atei non possiamo organizzarci il nostro giubileo?

Antonio Pascale
Domanda: ma noi atei, agnostici, scettici, non credenti o diversamente credenti, noi che a distanza, per fisiologica deferenza, assistiamo all’apertura della Porta Santa, alle preghiere, alle intercessioni presso santi, alle guerre di religione, al nome di Dio declinato per ragioni personali, rispondiamo ingenuamente: ma veramente fate?

Domanda: ma noi atei, agnostici, scettici, non credenti o diversamente credenti, noi che a distanza, per fisiologica deferenza, assistiamo all’apertura della Porta Santa, alle preghiere, alle intercessioni presso santi, alle guerre di religione, al nome di Dio declinato per ragioni personali o invocato a seconda delle contingenze, noi che alla resurrezione non crediamo, noi che quando sentiamo Dio o Allah è grande, rispondiamo ingenuamente: ma veramente fate? Noi che lottiamo come tutti, ma con i nostri strumenti, contro la morte e il tempo e il caos, ecco noi – che pur siamo un gruppo nutrito – noi, appunto, abbiamo diritto a una nostra festa? Un giubileo sui generis, un anno durante il quale ci riconciliamo con la nostra storia? Del resto, nei secoli abbiamo avuto vita difficile e anche oggi non ce la passiamo bene. Siamo stati accusati e sempre guardati con sospetto.

 

Eppure noi ne abbiamo fatta di strada e ne abbiamo fatto fare anche al mondo. Noi abbiamo cercato di rispondere – e fin dagli albori della nostra storia – alla questione posta da Socrate a Eutifrone, sulla natura di ciò che è santo, appunto: è buono perché piace agli dei, o quello che piace agli dei è buono. Sembra la classica provocazione di questo pingue signore ateniese, ed è invece l’atto costitutivo della filosofia, il nostro mito di fondazione, perché ci siamo convinti, argomentando, discutendo e prendendo sul serio la discussione, che quello che piace agli dei è buono, dunque – che gli dei esistano o meno – le strutture normative di questa società, saranno del tutto indipendenti dalla volontà degli dei. Non è vero che tutto è permesso se gli dei non esistono. Al contrario le norme saranno soggette alla giurisdizione della nostra ragione, quindi da una parte le teocrazie diventano inimmaginabili, dall’altra dobbiamo impegnarci a rispondere – e da soli e con straordinaria fiducia nell’uomo e scansando il nichilismo – alle domande che Socrate poneva ai suoi concittadini: quello che fai, perché lo fai? Le convinzioni che sorreggono il tuo fare sono vere e ben fondate? Se sono vere puoi mostrare anche a me dove guardare? E soprattutto dov’è l’evidenza del tuo dire e del tuo fare? Siamo noi quelli che hanno sostituito la parola anima con la parola vita. Quando c’era l’anima si poteva torturare, cosa volete che siano tre ore di tortura se poi io torturatore, purificandoti l’anima, ti dono la vita eterna? A noi invece interessava la vita, qui e ora, e infatti siamo noi che abbiamo contribuito – certo con tanti sbagli – a resuscitare i vivi e i morti. Quando ci siamo resi conto che le malattie non erano maledizioni degli dei ma fenomeni naturali da studiare e dunque, da allora, ci siamo posti lo scopo di individuare quali sono le caratteristiche che fanno della medicina una téchne, cioè una competenza trasmissibile, attraverso la quale siamo in grado di ottenere un risultato pratico. E poi abbiamo fatto davvero miracoli: abbassato la mortalità infantile, quelle delle donne per parto, aumentato l’aspettativa di vita. Diciamoci la verità: quante belle e sagge parole hanno espresso i profeti?

 

[**Video_box_2**]Eppure non capisco come mai, pur essendo rappresentanti di Dio in terra, non ci hanno offerto una dritta su un antibiotico. Un modo per arrivarci, fosse anche un enigma criptico. Oppure, più semplicemente, un consiglio su una migliore pratica agronomica. Così da non morire di malattie e di inedia. Mi sa che anche i profeti erano figli del loro tempo, della fame e delle carestie, dei libri sacri e delle teocrazie, e però il paradosso è che loro sono sopravvissuti nei nostri cuori – sette miliardi e passa di cuori- perché finora siamo riusciti a non estinguerci grazie alla scienza. Alla scienza e non ai testi sacri, grazie alla diversa percezione della realtà, alle domande e alla ricerca dell’evidenza. Perché siamo noi quelli più curiosi. Se un tempo volevi sapere come comportarti andavi dal prete e il prete leggeva la Bibbia e quello che c’era nella Bibbia era importante, quello che non c’era non era importante. Non era importante sapere come il ragno tesseva la sua tela. Ebbene, siamo noi quelli che ci siamo presi la briga di capire come funziona la tela del ragno. Dunque se uno crede, io ci credo che crede: non è poco per noi atei. Ma facciamoci avanti: apriamo anche noi simbolicamente la porta, facciamo entrare le persone e continuiamo socraticamente e incessantemente a chiederci: come continuare a difendere gli ideali umani? ma sì, anche per far piacere agli dei.

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