Il cristianesimo plausibile
Ha creato il cielo e non leggo che si sia riposato, ha creato la terra e non leggo che si sia riposato, ha creato il sole, la luna e le stelle e non leggo che abbia riposato. Leggo che ha creato l’uomo e allora si è riposato, perché finalmente aveva uno cui poteva perdonare i peccati”. Sono le parole che chiudono l’Esamerone di sant’Ambrogio, che nel libro di Papa Francesco non sono citate ma che di sicuro ben conosce, e non soltanto perché l’Esamerone è il commento alla Creazione e Francesco la Creazione è una cosa che ha molto a cuore. Ma alla creatura tiene anche di più, perché è alla creatura che si può perdonare, che significa far vivere. A che serve, in fondo, un Papa? Un Papa che fa un libro con il titolo in corsivo di suo pugno, calligrafia quasi infantile, non professorale – un tentativo di darti del tu che qualcuno scambierà per un vezzo pop ma non lo è, per dire che “Il nome di Dio è Misericordia”. A che serve in fondo il cristianesimo, oggi come oggi? Oggi come oggi che lo scrittore dell’anno, l’anno scorso, è stato Michel Houellebecq perché ha detto “della libertà l’uomo non ne può più”. E della guerra senza misericordia che il mondo post cristiano sta perdendo, ha detto che “l’ateismo è perdente perché è troppo triste”. A che serve, Dio? E Gesù poi? Per rinforzare leggi, per difendere confini, per spronare a buone pratiche morali? C’è soltanto una cosa, in fondo, che può rendere plausibile, e non una favola narrata da un folle, un libro come quello del Papa. Un libro scritto troppo in prima persona per essere il libro del Vicario di Cristo, troppo auto-evidente per essere teologia. L’unica cosa che può rendere plausibile un libro così, è che dica il vero.
Nella prima messa domenicale che celebrò, racconta Andrea Tornielli che ha realizzato il libro intervista con Bergoglio, disse: “Il messaggio di Gesù è la misericordia. Per me, lo dico umilmente, è il messaggio più forte del Signore”. Che questo sia plausibile, per Francesco è questione non solo di esercizio spirituale e discernimento, ma dipende dal fatto che sia qualcosa successa davvero, che succede davvero. Che ci siano uomini che l’hanno sperimentata e ne danno testimonianza. Come il giovane detenuto del carcere di Padova che si chiama Zhang Agostino Jianqing e che ha portato la sua testimonianza alla presentazione del libro la settimana scorsa (quella con Benigni) e che, nato buddista in Cina, ora è cristiano si chiama Agostino.
Quando in carcere ha incontrato dei cristiani e s’è sentito misericordiato, e s’è convertito, e s’è fatto battezzare, Agostino ha scelto quel nome perché “mi ha particolarmente commosso sua madre santa Monica per tutte le lacrime che aveva versato per il suo figlio, sperando di ritrovare il figlio perduto”. Oppure quella abuela, quella nonna che Bergoglio aveva incontrato una volta in Argentina e voleva confessarsi, ma lui non aveva tempo. Ma lei gli disse: “Se il signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe”. Sono cose che non possono accadere, lo sappiamo, perché non sono di questo mondo. Ma se accadono, se invece sono incontri umani che si intrecciano con storie umane, se diventano cose di questo mondo, allora possono persino stupire. Come stupì un po’ tutti l’esordio da buon parroco di Francesco: ma si era all’inizio, tutti scommettevano che poi avrebbe iniziato a fare altro. E invece non ha fatto altro, non c’era altro da fare, e adesso ha indetto un Giubileo della Misericordia di cui questo libro è un po’ il calepino spiegato in prima persona: così concreto che ognuno può capire.
[**Video_box_2**]Ci sono due figure chiave per Francesco. Una è Zaccheo, ispiratore del suo stemma pontificio, “Miserando atque eligendo”, lo “guardò con sentimento d’amore lo scelse”. L’altra è l’adultera. Generazioni di esegeti e di artisti si sono esercitati su cosa mai stesse scrivendo Gesù sulla sabbia, mentre lei gli stava davanti, in piedi. E se stesse scrivendo la Legge, che è scritta sulla sabbia? “Neanche io ti condanno, va’ e d’ora in poi non peccare più”. Bergoglio annota: “Qui c’è qualcosa di più del perdono. Perché come confessore Gesù va oltre la legge. La legge sanciva che lei dovesse essere punita”. Può lasciare un po’ straniti, uno po’ delusi, un libro che con una tale tranquillità d’animo va al nocciolo delle cose? Be’, si dirà, ci sono anche la Verità, i comandamenti, la saldezza della dottrina da curare. Invece Bergoglio parte da sé, parla della Misericordia, spiega cos’è una buona confessione e un buon confessore. Cose che sembrerebbero impossibili, scritte sulla sabbia della nostra incredulità fluida (“la fragilità dei tempi che viviamo è anche questa: credere che non ci sia possibilità di riscatto”), se non fosse Gesù in persona, attraverso altri uomini, a “cercare uno spiraglio”. La cifra del libro è esattamente la cifra del cristianesimo di Francesco, nella sua essenza: “Noi siamo esseri sociali. Se tu non sei capace di parlare dei tuoi sbagli con il tuo fratello, sta sicuro che non sei capace di parlarne neanche con Dio e così finisci per confessarti con lo specchio”. Il programma semplice del pontificato.
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