La Cei va alla battaglia sulla famiglia e offre una sponda ai cattolici Dem
Roma. Dopo settimane di silenzio, distinguo e dichiarazioni di stampo notarile con cui si garantiva una sorta d’appoggio ideale e spirituale al Family day del prossimo 30 gennaio, le parole del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, hanno avuto l’effetto di rompere gli argini e di ingaggiare la Cei nella battaglia contro il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili. Perfino Avvenire, l’organo di stampa ufficiale dei vescovi, che aveva tergiversato sulla questione, ora dedica al tema ampio spazio. Nessuna bandiera episcopale, a ogni modo, sventolerà in piazza San Giovanni, perché “l’iniziativa decisamente buona” è pur sempre “un’iniziativa di laici, assunta con la loro responsabilità nel solco del Concilio Vaticano II”, ma il ridimensionamento delle ultime uscite del segretario generale, monsignor Nunzio Galantino, è nei fatti. Quest’ultimo, a mezzo stampa, solo una settimana fa aveva infatti dichiarato che “lo stato ha il dovere di dare risposte a tutti, nel rispetto del bene comune prima e più che del bene dei singoli individui” .
I vescovi, naturalmente, avrebbero potuto fare quattro passi con i manifestanti, visto che “sono liberi di partecipare, ma sarà una partecipazione a titolo personale”, osservava Galantino, sicuro d’avere dietro di sé la Cei e (soprattutto) il Papa. Ma anche un presule di alto profilo come Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e creato cardinale da Francesco nel suo primo concistoro, che quasi rimpiangeva i vecchi Dico di prodiana memoria (anno 2007), ora invita “tutte le realtà ecclesiali e anche gli uomini e le donne di buona volontà” a scendere in piazza. I vescovi umbri, quindi, “accolgono con favore e sostengono il programma espresso dal comitato Difendiamo i nostri figli”, si legge nella nota della locale Conferenza episcopale diffusa lunedì. La spaccatura è netta, nel quartier generale sull’Aurelia, tra chi rimpiange la stagione ruiniana e chi vorrebbe che i vescovi pensassero di più alla cura delle anime e meno ai progetti di legge in dicussione. Nel pour parler seguito alla mossa di Bagnasco si ricordano gli screzi tra Galantino e il segretario di Stato Pietro Parolin, poco incline per natura e temperamento a sposare l’esuberanza mediatica e la loquacità dell’ex vescovo di Cassano all’Jonio chiamato a Roma da Francesco, pochi mesi dopo l’elezione. Proprio il cardinale Parolin, all’indomani del referendum irlandese che diede il via libera alle nozze omosessuali, lo scorso maggio, parlò di “sconfitta non solo dei princìpi cristiani, ma anche dell’umanità”. E di certo, si fece notare allora e si ribadisce ancora oggi a taccuini chiusi, un segretario di Stato di tal profilo non parla senza la certezza d’essere in sintonia con il Papa. Anche per questo, si dice Oltretevere, Bagnasco si è espresso in quei termini così netti: sa che i vertici del Vaticano non sono affatto ostili al raduno di massa romano del prossimo 30 gennaio.
[**Video_box_2**]Una presa di coscienza forse maturata dopo aver constatato le crepe sempre più ampie che attraversano il Partito democratico – “nessuna crociata, noi siamo per l’approvazione della legge. Io non accetto di essere rinchiusa in un recinto di oscurantisti”, ma è meglio non abbandonarsi “a voti che nascondono troppe insidie”, diceva ieri mattina la senatrice renziana Rosa Maria Di Giorgi – anche tra i cosiddetti “cattolici adulti”, riguardo il ddl promosso da Monica Cirinnà. Non sono passate inosservate le dichiarazioni di Franco Monaco, che se nove anni fa era a favore dei Dico, oggi guarda al testo in discussione e sostiene che “si sta procedendo con leggerezza e superficialità”. Emma Fattorini, senatrice Dem, invoca lo stralcio dell’articolo 5 sulla stepchild adoption, rimarca un “dissenso relativo alla questione dei figli” e ricorda che “la gradualità su questi temi è sacrosanta. Ci vuole maggiore prudenza”. Di “pasticci legislativi che in questo momento la legge, per come è formulata, adombra”, parlava ieri su questo giornale Alfredo Bazoli, deputato Pd e primo firmatario del manifesto dei parlamentari cattolici critici con il testo al vaglio del Senato. A prendere posizione, poi, è arrivata anche l’Azione cattolica, con un comunicato in cui si dice che questa legge, “così com’è stata proposta in parlamento, non ci piace. Non la condividiamo. Innanzitutto perché è piena di rimandi al diritto matrimoniale: in questo modo, le unioni civili finiscono per essere assimilate nei fatti al matrimonio, malgrado a parole il disegno di legge dica una cosa diversa quando afferma che si tratta di ‘una specifica formazione sociale’”. La situazione in Aula rimane fluida, i dubbi sulla costituzionalità del ddl (sollevati da due presidenti emeriti della Consulta, Cesare Mirabelli e Gaetano Silvestri) rimangono intatti, al punto che il quadro appare in costante evoluzione, come ha ammesso il capogruppo democratico Luigi Zanda, che ha chiesto al partito di stare “molto attento”, perché si rischia “un esito imprevedibile”. Le unioni civili, ha chiosato, non devono diventare il problema del Pd”.