Padre Pizzaballa: "I leader islamici sono stati timidi nel denunciare l'abominio che è in corso"
Roma. "Quando la guerra in medio oriente finirà, perché prima o poi finirà, la convivenza tra cristiani e musulmani in quelle terre sarà molto difficile", dice al Foglio Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, a margine dell'incontro organizzato da AVSI e Oasis all'Università La Sapienza di Roma sul tema "Cristiani in medio oriente e migrazioni forzate. Dentro il cambiamento epocale".
Una convivenza molto difficile, ma "necessaria, perché i "cristiani resteranno lì, e anche i musulmani. Quindi, realisticamente dovranno per forza relazionarsi l'uno con l'altro, ma sarà molto complicato, perché quanto accaduto in questi anni ha ferito la coscienza di tutti. Ci vorranno molto tempo e diverse generazioni per recuperare il tipo di coesistenza precedente la guerra", osserva Pizzaballa che commenta anche l'atteggiamento delle autorità musulmane del vicino oriente, spesso silenti riguardo le persecuzioni nei confronti delle minoranze: "Io ho parlato di reazioni timide. E sì, sono state molto timide. Certamente non tutti, visto che ci sono state lodevoli eccezioni, che in qualche modo danno speranza. Ma bisogna riconoscere che se è vero è vero che le narrative sono diverse e ognuno legge gli eventi in maniera diversa, allo stesso tempo è oggettivo che i leader islamici del medio oriente sono stati molto timidi nel denunciare l'abominio che è in corso". Quanto alla presenza dei cristiani tra Siria e Iraq, già ridotta a cifre del tutto marginali, il Custode di Terra Santa è convinto che "i numeri non torneranno in breve tempo ai livelli pre-bellici. Saremo pochi, ma non scompariremo", dice, guardando a quanto già accaduto nel passato: "Ci sono sempre stati alti e bassi nella storia, basti pensare al genocidio armeno di cent'anni fa. Oggi dovremmo dire che dato quanto accaduto allora non esiste più un armeno in queste zone, invece il loro numero è cresciuto".
[**Video_box_2**]Il problema maggiore, sottolinea Pizzaballa, è che "in medio oriente politica e religione si mischiano, e quindi l'elemento religioso fa da canale a tensioni che sono di carattere politico ed economico. Quando l'elemento religioso diventa strumentale, rende quasi impossibile un negoziato, perché qui sulla religione non si discute". Eppure, la speranza è data dalle testimonianze di fede dei cristiani vittime del conflitto; fede sempre più forte nonostante la persecuzione: "Sembra un paradosso, ma non lo è. E' in questi momenti così difficili che viene fuori la parte più bella e sana che è in noi", aggiunge il nostro interlocutore. "Parlo della comunità cristiana, ma questo può valere in generale. Io l'ho visto ad Aleppo, ma anche in tanti altri villaggi cristiani sotto il potere di Jabat al Nusrah. Ho visto esempi meravigliosi, testimonianze fantastiche che proprio per questo confermano che la presenza non scomparirà. Quei cristiani sono profondamente radicati nella fede e quasi nessuno, salvo casi rarissimi, ha abbandonato la fede".
Editoriali
Mancavano giusto le lodi papali all'Iran
l'anticipazione