Il momento clou del viaggio papale in Messico è stata la (consueta) ramanzina ai vescovi
Roma. E’ il discorso ai vescovi pronunciato sabato dal Papa a Città del Messico il momento che finora più caratterizza il viaggio apostolico nel Paese centroamericano. Come era già accaduto a Washington lo scorso settembre, l’intervento rivolto ai presuli da Francesco ha tutti i crismi dell’invito (sferzante) al cambio di passo, per mettersi in sintonia con le nuove esigenze pastorali che Bergoglio va illustrando ormai da tre anni. Se il “colpo a effetto” messo in risalto dai media ha a che fare con la condanna del narcotraffico – scontata, del resto già il Segretario di stato Pietro Parolin l’aveva anticipata in una conversazione con Famiglia Cristiana, qualche giorno fa – non minore importanza merita il passaggio in cui Francesco ha espresso l’auspicio che i vescovi abbiano “lo sguardo limpido”, siano “di anima trasparente” e “di volto luminoso”.
“Non abbiate paura – ha detto ai presuli – della trasparenza. La chiesa non ha bisogno dell’oscurità per lavorare. Vigilate affinché i vostri sguardi non si coprano con le penombre della nebbia della mondanità; non lasciatevi corrompere dal volgare materialismo né dalle illusioni seduttrici degli accordi sottobanco; non riponete la vostra fiducia nei ‘carri e cavalli’ dei faraoni attuali, perché la nostra forza è la ‘colonna di fuoco’ che rompe dividendole in due le acque del mare, scena fare grande rumore”. Il mondo di oggi, ha osservato il Pontefice, “è complesso” e quindi serve agire di conseguenza: “Nei vostri sguardi, il popolo messicano ha il diritto di trovare le tracce di quelli che hanno visto il Signore, di quelli che sono stati con Dio. Questo è l’essenziale. Non perdete, dunque, tempo ed energie nelle cose secondarie, nelle chiacchiere e negli intrighi, nei vani progetti di carriera, nei vuoti piani di egemonia, negli sterili club di interessi o di consorterie. Non lasciatevi fermare dalle mormorazioni e dalle maldicenze. Introducete i vostri sacerdoti in questa comprensione del mistero sacro”.
[**Video_box_2**]Un intervento non troppo dissimile da quelli tenuti con medesimo uditorio (i vescovi) altrove, dagli Stati Uniti all’Italia, solo per citare due casi. Linee guida che Il Papa ha declinato nel particolare contesto del Messico, paese tra i più cattolici al mondo e piagato da un tasso di criminalità altrettanto notevole. “In particolare mi preoccupano tanti che, sedotti dalla vuota potenza del mondo, esaltano le chimere e si rivestono dei loro macabri simboli per commercializzare la morte in cambio di monete che alla fine tarme e ruggine consumano e per cui i ladri scassinano e rubano. Vi prego di non sottovalutare la sfida etica e anti-civica che il narcotraffico rappresenta per l’intera società messicana, compresa la Chiesa”. C’è da attendersi che sul tema Francesco tornerà a Ciudad de Juarez, la città al confine con gli Stati Uniti stremata dalla lotta tra bande rivali (ne sono state censite almeno 950) e che nel solo 2009 ha visto sul proprio territorio 2.500 omicidi. Ai vescovi ha detto che “le proporzioni del fenomeno, la complessità delle sue cause, l’immensità della sua estensione come metastasi che divora, la gravità della violenza che disgrega e delle sue sconvolte connessioni, non permettono a noi, pastori della chiesa, di rifugiarci in condanne generiche, bensì esigono un coraggio profetico e un serio e qualificato progetto pastorale per contribuire, gradualmente, a tessere quella delicata rete umana, senza la quale tutti saremmo fin dall’inizio distrutti da tale insidiosa minaccia”.
Editoriali
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