Il Papa e il rogo degli assegni: "La chiesa non ha bisogno di soldi sporchi!"
Roma. "Il Popolo di Dio, cioè la Chiesa, non ha bisogno di soldi sporchi e se viene qualche benefattore con un’offerta frutto del sangue di gente sfruttata, maltratta, schiavizzata, con il lavoro mal pagato, io dirò a questa gente, 'per favore portati indietro il tuo assegno, brucialo'". Quel che bisogna fare, invece, “è avvicinarsi a Dio con mani purificate, evitando il male e praticando il bene e la giustizia”. A dirlo è stato il Papa, nell’udienza generale del mercoledì, la cui catechesi era imperniata sul rapporto tra misericordia e correzione divina. Francesco parte dalla relazione tra padre e figlio, cui “spesso i profeti fanno riferimento per parlare del rapporto di alleanza tra Dio e il suo popolo”, una relazione che “si è snaturata”.
“La missione educativa dei genitori – ha aggiunto il Pontefice – mira a farli crescere nella libertà, a renderli responsabili, capaci di compiere opere di bene per sé e per gli altri. Invece, a causa del peccato, la libertà diventa pretesa di autonomia e l’orgoglio porta alla contrapposizione e all’illusione di autosufficienza. Ecco allora che Dio richiama il suo popolo. Avete sbagliato strada. Affettuosamente e amaramente dice il ‘mio’ popolo, - Dio non rinnega mai noi. Questa appartenenza dovrebbe essere vissuta nella fiducia e nell’obbedienza, con la consapevolezza che tutto è dono che viene dall’amore del Padre. E invece, ecco la vanità, la stoltezza e l’idolatria”. Ecco il peccato, che “è uno stato di sofferenza”. Tuttavia, “anche questo momento doloroso è in vista della salvezza. La prova è data perché il popolo possa sperimentare l’amarezza di chi abbandona Dio, e quindi confrontarsi con il vuoto desolante di una scelta di morte. La sofferenza, conseguenza inevitabile di una decisione autodistruttiva, deve far riflettere il peccatore per aprirlo alla conversione e al perdono. Questo è il cammino della misericordia divina: Dio non ci tratta secondo le nostre colpe”.
[**Video_box_2**]La punizione, ha sottolineato il Papa, “diventa lo strumento per provocare a riflettere. Si comprende così che Dio perdona il suo popolo, fa grazia e non distrugge tutto, ma lascia aperta sempre la porta alla speranza. La salvezza implica la decisione di ascoltare e lasciarsi convertire, ma rimane sempre dono gratuito. Il Signore, quindi, nella sua misericordia, indica una strada che non è quella dei sacrifici rituali, ma piuttosto della giustizia. Il culto viene criticato non perché inutile in sé stesso, ma perché, invece di esprimere la conversione, pretende di sostituirla; e diventa così ricerca della propria giustizia, creando l’ingannevole convinzione che siano i sacrifici a salvare, non la misericordia divina che perdona il peccato”.