Turbolenze in Messico
Il Papa che viene dalla fine del mondo ora è stoppato dalla periferia
Roma. Con un editoriale non firmato (ma a lui riconducibile), il cardinale arcivescovo di Città del Messico, Norberto Rivera Carrera, primate cattolico del paese centroamericano, ha attaccato frontalmente il Papa per il discorso tenuto tre settimane fa dinanzi ai vescovi messicani, nella cattedrale metropolitana della capitale. Il testo dell’articolo – pubblicato sia sulla rivista diocesana “Desde la fe” sia sul sito dell’arcidiocesi stessa – pone al centro della critica quanto Francesco disse a braccio, tralasciando il testo scritto. In particolare, a creare malumori è stato il passaggio in cui Bergoglio ha richiamato i vescovi al dovere di “mantenere l’unità del corpo episcopale”. “Se dovete litigare – ha detto – litigate; se avete delle cose da dirvi, ditevele; però da uomini, in faccia, e come uomini di Dio che poi vanno a pregare insieme, a fare discernimento insieme; e se avete passato il limite, a chiedervi perdono”. Insomma, aggiungeva il Papa: “Comunione e unità tra di voi. La comunione è la forma vitale della chiesa e l’unità dei suoi pastori dà prova della sua veracità. Non c’è bisogno di prìncipi, bensì di una comunità di testimoni del Signore”. Il cardinale Rivera Carrera non ci sta e replica: “Il Papa ha qualche motivo per rimproverare così i vescovi messicani? Ciò che il Papa sa, e sa molto bene, è che la chiesa in Messico rappresenta un caso atipico se confrontato con gli altri paesi americani. In primo luogo, in termini percentuali il nostro paese ospita il maggior numero di cattolici, con l’81 per cento della popolazione nel 2014 (93 milioni circa, ndr) ed è proprio in virtù di questa ampia e consolidata presenza di cattolici che ci distinguiamo dagli altri paesi del continente”.
Chiaro, benché implicito, il riferimento non solo alla situazione di altre realtà latinoamericane (come l’Honduras del cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga, assai influente a Roma ma alle prese con l’emorragia di cattolici in patria, scesi dal 76 per cento al 47 in vent’anni), ma anche e soprattutto all’Argentina dell’ex primate Jorge Mario Bergoglio, anch’essa alla prese con un calo rilevante di fedeli. Un rapporto del centro studi Latinobarómetro, due anni fa, sottolineava che le uniche due eccezioni all’arrancamento del cattolicesimo in America centro-meridionale erano rappresentate dalla Repubblica Dominicana e dal Messico. E Rivera Carrera ci tiene a ribadirlo, quando osserva che “sarebbe assurdo pensare che Sua Santità ignori la grande resistenza che la chiesa cattolica messicana ha opposto all’espansione delle comunità protestanti di stampo carismatico e pentecostale che si propagano senza ostacoli in altri paesi”. Da qui la domanda che l’editoriale si pone: “Non sarà che le parole improvvisate del Santo Padre sono la conseguenza di un cattivo consiglio datogli da qualcuno che gli sta vicino? Chi ha consigliato male il Papa?”. E ancora, “perché si cerca di sminuire il lavoro dei vescovi messicani? Per fortuna – è la chiosa – il popolo conosce i suoi pastori e li accompagna nella costruzione del regno di Dio, quale che sia il prezzo, come dimostra la storia di questo paese”. Che ci sia qualche consigliere tutt’altro che disinteressato, il porporato messicano lo ribadisce in conclusione dello scritto, quando sottolinea che “la mano della discordia” è intenta a lavorare affinché la gente sia portata a ritenere che “le tentazioni sono mali dell’episcopato”.
[**Video_box_2**]I richiami contenuti nel discorso papale non erano – quanto a tono e impostazione – troppo dissimili da quelli già sentiti in analoghe occasioni, come a Washington davanti ai vescovi statunitensi o a Firenze dinanzi alla Cei, lo scorso novembre. In nessun caso, però, s’era levata una protesta da parte dell’autorità più rappresentativa della gerarchia nazionale, anzi: si era registrato un corale apprezzamento per la salutare scossa data dal Papa ai vecchi schemi episcopali, troppo distanti dalla visione d’una chiesa perennemente in uscita.
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