Francesco è già ripartito da Mytilene alla volta di Ciampino (LaPresse)

Il Papa a Lesbo dai migranti: "E' la più grande catastrofe dopo la Seconda guerra mondiale"

Matteo Matzuzzi
"E' necessario costruire la pace là dove la guerra ha portato distruzione e morte, e impedire che questo cancro si diffonda altrove", ha detto il Papa in uno dei momenti più significativi della sua visita a Lesbo, l'isola greca che accoglie migliaia di migranti provenienti dal vicino oriente.

“Oggi vorrei rinnovare un accorato appello alla responsabilità e alla solidarietà di fronte a una situazione tanto drammatica. Molti profughi che si trovano su quest’isola e in diverse parti della Grecia stanno vivendo in condizioni critiche, in un clima di ansia e di paura, a volta di disperazione per i disagi materiali e per l’incertezza del futuro. Le preoccupazioni delle istituzioni e della gente, qui in Grecia come in altri Paesi d’Europa, sono comprensibili e legittime. E tuttavia non bisogna mai dimenticare che i migranti, prima di essere numeri, sono persone, sono volti, nomi, storie”. E’ un passaggio del discorso che il Papa ha tenuto davanti alla popolazione di Lesbo, l’isola dove si è recato in visita oggi, accompagnato dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I e dall’arcivescovo di Atene, Ieronymos. Chiaro il riferimento alle politiche migratorie adottate a Bruxelles: “L’Europa è la patria dei diritti umani, e chiunque metta piede in terra europea dovrebbe poterlo sperimentare, così si renderà più consapevole di doverli a sua volta rispettare e difendere”. Francesco va alla radice del problema e sottolinea che “per essere veramente solidali con chi è costretto a fuggire dalla propria terra bisogna lavorare per rimuovere le cause di questa drammatica realtà: non basta limitarsi a inseguire l’emergenza del momento, ma occorre sviluppare politiche di ampio respiro, non unilaterali. Prima di tutto – ha proseguito – è necessario costruire la pace là dove la guerra ha portato distruzione e morte, e impedire che questo cancro si diffonda altrove. Per questo bisogna contrastare con fermezza la proliferazione e il traffico delle armi e le loro trame spesso occulte; vanno privati di ogni sostegno quanti perseguono progetti di odio e di violenza”.


Il primo appuntamento clou della giornata è quello avvenuto al Moria refugee camp, che ospita circa 2.500 profughi richiedenti asilo. Qui Francesco ha spiegato le ragioni della visita: “Siamo venuti (lui, Ieronymos e Bartolomeo I, ndr) per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede, desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro. Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità. A bordo dell’aereo, di primo mattino, il Pontefice aveva definito il dramma dei migranti “la catastrofe più grande dopo la Seconda guerra mondiale”. Nell’incontro con il premier Alexis Tsipras, Bergoglio ha richiamato la necessità che la risposta alla crisi sia di tipo “comprensivo” e che “rispetti le leggi europee e internazionali”. Il Papa, ha reso noto il portavoce Padre Federico Lombardi, “ha apprezzato l’atteggiamento umano del popolo greco, che nonostante la dura situazione economica ha dimostrato solidarietà e dedizione ai valori universali”.

 

L’atto solenne della visita è stata la firma della Dichiarazione congiunta, testo nel quale le tre autorità religiose manifestano “profonda preoccupazione per la tragica situazione dei numerosi rifugiati, migranti e individui in cerca di asilo, che sono giunti in Europa fuggendo da situazioni di conflitto e, in molti casi, da minacce quotidiane alla loro sopravvivenza”. L’opinione mondiale, si legge ancora nel documento, “non può ignorare la colossale crisi umanitaria, che ha avuto origine a causa della diffusione della violenza e del conflitto armato, della persecuzione e del dislocamento di minoranze religiose ed etniche, e dallo sradicamento di famiglie dalle proprie case, in violazione della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo”. La “tragedia della migrazione e del dislocamento forzata si ripercuote su milioni di persone ed è fondamentalmente una crisi di umanità, che richiede una risposta di solidarietà, compassione, generosità e un immediato ed effettivo impegno di risorse”. Infine, l’appello: “Sia impiegato ogni mezzo per assicurare che gli individui e le comunità, compresi i cristiani, possano rimanere nelle loro terre natie e godano del diritto fondamentale di vivere in pace e sicurezza. Sono urgentemente necessari un più ampio consenso internazionale e un programma di assistenza per affermare lo stato di diritto, difendere i diritti umani fondamentali in questa situazione divenuta insostenibile, proteggere le minoranze, combattere il traffico e il contrabbando di esseri umani, eliminare le rotte di viaggio pericolose che attraversano l’Egeo e tutto il Mediterraneo, e provvedere procedure sicure di reinsediamento”.

 

Il Papa ha deciso di portare in Vaticano, a bordo del suo stesso aereo, tre famiglie di rifugiati dalla Siria, dodici persone in tutto, di cui sei minori. Si tratta – ha spiegato Padre Lombardi – di persone che erano già presenti nei campi di accoglienza di Lesbo prima dell’accordo tra l’Unione europea e la Turchia. Tutti i membri delle tre famiglie sono musulmani. Due famiglie vengono da Damasco, una dalla zona sotto il controllo dello Stato islamico. L’accoglienza e il mantenimento dei profughi, è stato sottolineato, sarà a carico del Vaticano.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.