I cattolici americani stanno con Trump (nonostante il Papa)
Roma. Se le gerarchie cattoliche d’America continuano a finanziare Ted Cruz, l’evangelico senatore del Texas pro life considerato il più conservatore tra i repubblicani rimasti in lizza – ha ottenuto 155.500 dollari in donazioni da circa 380 personalità appartenenti a vario titolo al clero, mentre Trump e Kasich si sono fermati rispettivamente a 700 e 3.500 dollari – la base guarda con crescente simpatia a The Donald. A rilevarlo è un sondaggio condotto da Reuters e Ipsos: il 47,9 per cento dei cattolici che si dichiarano repubblicani sta con il frontrunner, ormai lanciato verso la nomination alla convention di Cleveland (colpi di coda degli avversari, permettendo). Un balzo in avanti di nove punti rispetto alla precedente stima risalente a metà febbraio. Il dato è sorprendente se si considera – e l’analisi Reuters lo sottolinea – che la crescita di consenso tra i fedeli al Papa si è avuta proprio in seguito allo scambio di opinioni (per nulla fraterne) tra Francesco e il miliardario newyorchese. Conversando con i giornalisti in aereo al ritorno del viaggio in Messico, Bergoglio era stato chiaro: “Una persona che pensa soltanto a fare muri, sia dove sia, e non a fare ponti, non è cristiana. Questo non è nel Vangelo. Poi, quello che mi diceva, cosa consiglierei, votare o non votare: non mi immischio. Soltanto dico: se dice queste cose, quest’uomo non è cristiano”. Il giorno dopo, padre Federico Lombardi aveva tentato di gettare acqua sul fuoco, osservando che le parole del Pontefice non erano in alcun modo riferite alle esternazioni di Trump, che un muro tra Arizona e Messico vorrebbe costruirlo eccome.
Ma la domanda fatta al Papa era proprio su The Donald, che non a caso aveva immediatamente ribattuto a muso duro al vescovo di Roma: “Il Papa? E’ un personaggio molto politico. Lo stanno usando come una pedina e dovrebbero vergognarsi di farlo. Per un leader religioso mettere in dubbio la fede di una persona è vergognoso”. Ventiquattr’ore dopo già attenuava i toni, parlando di “incomprensione”. Lo scontro, però, non l’ha affatto danneggiato, anzi. William Paul McKane è un sacerdote cattolico del Montana, e tra il suo “principale” e il frontrunner non ha dubbi con chi stare: “Mi sembra paradossale, e lo dico con affetto, che il Papa parli di muri quando abita dietro mura alte più di quaranta piedi. Quella frase detta in aereo compromette la sua credibilità tra i miei parrocchiani”. Il fatto è che, spiega ancora il sacerdote, non si è capito che il cattolico dell’America profonda è ben distaccato da quanto si dice in Vaticano e pensa alle cose concrete, badando poco alla verbosità di un candidato. “Trump si esprime in un modo che suona poco compassionevole. Io – aggiunge McKane – non lo considero un esempio di virtù cristiana, ma non è questo che cerco in un candidato. A me interessa qualcuno che sappia prendere buone decisioni politiche”. E i requisiti che vengono valutati in via prioritaria sono la capacità di rispondere ai problemi economici e di sicurezza. Comunque, dice ancora McKane, “si tratta di questioni che sono in linea con i valori cristiani sulla protezione delle vite innocenti”.
Nessun tradimento né della morale né della dottrina, dunque. In campo democratico, chiarisce il sondaggio, la situazione è ancora più chiara: il 67,8 per cento dei cattolici sta con Hillary Clinton e solo il 29,3 sostiene Bernie Sanders. Anche in questo caso, la veloce stretta di mano all’ora del cappuccino, davanti a Santa Marta, tra il senatore del Vermont e il Papa, non ha portato consenso. Washington è lontana da Roma.