L'ultima lettera di Pannella al Papa e quel suo amore per il campo avverso
Roma. La sua ultima lettera Marco Pannella l'ha inviata al Papa. La missiva è datata 22 aprile e poco meno di un mese dopo sarebbe morto. A diffonderla, oggi, è stata Famiglia Cristiana. "Caro Papa Francesco, ti scrivo dalla mia stanza all'ultimo piano –vicino al cielo – per dirti che in realtà ti stavo vicino a Lesbo quando abbracciavi la carne martoriata di quelle donne, di quei bambini, e di quegli uomini che nessuno vuole accogliere in Europa. Questo è il Vangelo che io amo e che voglio continuare a vivere accanto agli ultimi, quelli che tutti scartano”. I saluti e la firma sono in maiuscolo: "Ti voglio bene davvero. Tuo Marco". In fondo, lo spazio per un post scriptum: "Ho preso in mano la croce che portava mons. Romero e non riesco a staccarmene". La croce del beato Oscar Romero è in possesso di mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia. "Marco mi ha chiesto di indossarla, non voleva più staccarsene. E alla fine, quando me la sono ripresa, dentro di me ho sentito un po' di rimorso per avergliela tolta", ha detto Paglia, che ricorda anche un episodio risalente allo scorso marzo, quando il leader radicale gli telefonò mentre il presule si trovava agli Esercizi spirituali della curia ad Ariccia: "Voleva vedermi. Ho informato il Papa e lui mi ha detto. Vai di corsa. Lui stava a letto un po' rattristato, ci siamo abbracciati e poi abbiamo cominciato una delle nostre lunghe chiacchierate". Con Francesco si era instaurato un feeling speciale, tant'è che più d'una volta il Papa ha telefonato a Pannella, facendogli anche dono del libro, "Il nome di Dio è misericordia", in occasione del suo ottantaseiesimo compleanno, lo scorso 2 maggio.
Al di là delle battaglie del leader radicale non in linea con i valori propri della chiesa, Marco Pannella ha sempre provato un'attrazione per la battaglia che si giocava nel campo "avverso", agli antipodi rispetto a quel che pensava. Lo ha scritto oggi Luigi Amicone su Tempi: "Sentiva la forza di un ideale in battaglia e sapeva che in gioco c’erano gli antipodi che si attraggono. Il senso del Totalmente Altro. E il senso della Totale Immanenza. Due idee opposte di libertà: l’ebraico-cristiana dell’intima relazione tra esseri destinati alla tomba e l’Essere che fa tutte le cose, dunque ogni cosa è sacra e immortale. E l’idea di libertà prometeica-rinascimentale, dell’uomo misura di tutte le cose e legislatore a se stesso". Una vicinanza che avrebbe portato don Giussani, più di vent'anni fa, a proporre proprio "un Pannella" per la direzione del nascente Tempi: "Abbiamo fatto a un pranzo in piazza Corvetto, a Milano, quando era in pista l’idea del settimanale, con don Giussani, Giancarlo Cesana, Antonio Simone e il sottoscritto", scrive Amicone, che prosegue: "Con Cesana che, dopo la chiusura del Sabato, per non stringere la nuova creatura che avevamo in testa nel recinto di Cl proponeva di chiedere a Giuliano Ferrara di dirigere il futuro Tempi. Mentre Giussani, sorridendo sornione, se ne uscì con un – vado a memoria – 'ci vorrebbe un Pannella, per dire, tanto le nostre ragioni si mostrerebbero invincibili anche tra le gambe del diavolo. A noi basterebbe che ci lasciassero scrivere una paginetta, una paginetta soltanto'".
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