Processo pubblico al cardinale che s'è scagliato contro l'ideologia gender
Roma. Le Cortes valenciane, cioè il parlamento regionale della Comunità valenciana, voterà presto una mozione di condanna dell’arcivescovo cardinale Antonio Cañizares Llovera, reo d’aver preso posizione contro la diffusione dell’ideologia gender in una lectio magistralis tenuta nei giorni scorsi presso la sede spagnola dell’Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Nel suo intervento, il presule – che per un quinquennio ha operato in Vaticano in qualità di prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, chiamato da Benedetto XVI – aveva sottolineato come fosse in atto il tentativo “di imporci una ideologia di genere con leggi inique alle quali non dobbiamo obbedire”. Cañizares aveva anche criticato “l’escalation contro la famiglia da parte di dirigenti politici, aiutati da altri poteri come l’impero gay e certe ideologie femministe”. Immediata la reazione dell’associazione Lambda, che assieme ad altre cinquantacinque sigle a difesa della comunità lgbt ha presentato una denuncia penale contro l’arcivescovo per “incitamento all’odio contro omossesuali e femministe”. Fani Boronat, coordinatore generale di Lambda, aveva da subito definito “odiose, omofobe e razziste” le parole del cardinale, che a suo giudizio sarebbe arroccato nella difesa “di modelli arcaici difesi dalla gerarchia cattolica”, annunciando al contempo una raccolta firme da inviare al Papa affinché condanni “le dichiarazioni omofobiche” dell’arcivescovo.
Il Parlamento locale ha subito provveduto a organizzare un dibattito per “censurare” il discorso di Cañizares, la cui risposta è stata consegnata a una lettera aperta alla diocesi in cui lamenta la privazione “del diritto fondamentale alla libertà religiosa”, visto che “sono stato sottoposto a un giudizio senza avermi neppure ascoltato e senza essermi potuto difendere. Sono stato condannato sulla base di pregiudizi e letture di parte e interpretazioni fornite da alcuni mezzi di comunicazione”. Il porporato – che è stato accusato in Parlamento di “essere poco cristiano” e di non mettere in pratica gli insegnamenti di Papa Francesco – “hanno manipolato anche il Santo Padre per usarlo contro di me” – ha sottolineato di non essere “razzista, omofobo o sessista. Io accetto tutti e non escludo nessuno perché credo fermamente nel Signore. Ma cerco e proclamo la verità e la giustizia, anche a costo di essere sgradevole”. Il “mio ministero – ha aggiunto – è al servizio della verità di Dio, dell’uomo e della famiglia”. L’indignazione di Cañizares è per il dibattito alle Cortes, “trasformate in un tribunale popolare che rimanda a così cattivi ricordi storici”. A difesa dell’arcivescovo – nel silenzio generale delle alte gerarchie della chiesa spagnola, profondamente divisa al suo interno tra la vecchia guardia legata al cardinale, emerito di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela e i nuovi vescovi di nomina bergogliana – è intervenuta con un comunicato la Federazione cattolica delle associazioni dei genitori di Valencia, che ha espresso “pieno sostegno e gratitudine” al cardinale arcivescovo “per il suo coraggio contro la dittatura del pensiero unico”. La federazione ricorda che “la denuncia dell’ideologia gender è stata fatta propria dai papi Francesco, Benedetto XVI e Giovanni Paolo II”.