Il Family Day di gennaio (foto LaPresse)

Piazze piene e urne quasi vuote, il partito cattolico non sfonda

Matteo Matzuzzi
La tornata elettorale di domenica scorsa ha confermato che la stagione delle battaglie politiche sui valori è definitivamente archiviata

Roma. Sull’onda del successo del Family Day dello scorso gennaio, convocato per protestare contro il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili, Mario Adinolfi aveva rotto gli indugi lanciando Il popolo della famiglia, lista destinata a debuttare alle amministrative il cui primo turno si è celebrato domenica scorsa. “Faremo la storia”, aveva annunciato, lanciando logo e nome della lista nelle grandi e piccole città chiamate al voto. Le urne, però, hanno fornito un risultato magro: 0,6 per cento a Roma, 0,52 a Torino, 1,1 per cento a Milano. Nonostante ciò, Adinolfi guarda il bicchiere mezzo pieno e sulla Croce scrive “che l’esordio in poche settimane del Popolo della Famiglia è la sola novità del panorama” cattolico, che “esce a pezzi dalla competizione elettorale”. Nel mirino, Nuovo Centrodestra e “alcuni ambienti della Cei” che hanno scelto “di sostenere Alfio Marchini”. L’impressione, aggiungeva Adinolfi, “è che la chiesa si sia quasi rassegnata ad avere una stragrande maggioranza dei fedeli che esce dalla messa domenicale e va a votare il Movimento 5 stelle oppure il radicale Giachetti”.

 

La tornata elettorale di domenica scorsa ha semmai confermato che la stagione delle battaglie politiche sui valori è definitivamente archiviata, che le piazze piene di manifestanti pro famiglia non riempiono le urne. Soprattutto, che l’idea di creare una sorta di partito cattolico è ormai fuori dalla storia, come peraltro aveva sostenuto già il cardinale Camillo Ruini, quando disse che “l’unità dei cattolici in un solo partito non può avere futuro”, perché “nella chiesa si è fatto strada un pluralismo marcato, impensabile quando alla fine della guerra nacque la Democrazia cristiana”. La strada da seguire, suggeriva l’ex presidente della Conferenza episcopale italiana, è un’altra, ed è quella della presenza capillare lungo l’intero arco politico, visto che “esiste un’unità su princìpi e contenuti fondamentali che supera la forma partito”. La scrittrice cattolica Costanza Miriano non ritiene che l’esperimento della lista alle amministrative sia fallito, anche se di certo il bilancio non può essere considerato del tutto positivo: “Queste liste, come quella di Giuliano Ferrara che io peraltro votai nel 2008, servono a smascherare le bugie del totalitarismo mediatico. Quale efficacia operativa abbiano, non so. A me che non sono appassionata di partiti, sembra più che sufficiente quello. Nessuno ha mai pensato che avrebbero potuto davvero vincere. Ricordo solo che anche Gesù ha perso il ballottaggio con Barabba”.

 

Il problema è che nonostante i magri risultati, la battaglia andrà avanti col referendum costituzionale del prossimo ottobre. Massimo Gandolfini, protagonista del Family Day, guida il fronte cattolico del no. Nessuna vendetta contro la legge Cirinnà, dice: solo la determinazione a frenare Matteo Renzi. Ed è per quest’ultimo che – a giudizio di Miriano – è suonato il campanello d’allarme, più che per i fautori del grande contenitore politico cattolico, “anche perché alle amministrative si vota pensando alle buche per terra più che all’utero in affitto. Comunque, chi ha deciso di candidarsi si è autosospeso dal Comitato, proprio per segnare bene che sono due strade diverse”, aggiunge la scrittrice. “Le due piazze oceaniche del #renziciricorderemo hanno ben chiaro che senza di loro oggi l’adozione del figliastro sarebbe legge, e che se il referendum fosse stato già vinto oggi avremmo il matrimonio egualitario. Lo ha detto la Cirinnà: ‘Dopo ottobre lo metteremo all’ordine del giorno al congresso del Pd, e il Parlamento ratificherà’”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.