Il vescovo di Bruxelles chiude le porte ai nuovi preti: “Sono francesi”
Lo scorso 15 giugno la diocesi di Malines Bruxelles ha annunciato che non desidera accogliere sul proprio territorio i sacerdoti e i seminaristi della Fraternità dei Santi Apostoli. La fraternità era stata fondata dal precedente arcivescovo, mons. André-Joseph Léonard, le cui dimissioni furono rapidamente accolte da Papa Francesco, che lo ha sostuito con mons. Joseph De Kesel lo scorso novembre. L’accettazione pressoché immediata delle dimissioni di mons. Léonard fu un fatto insolito. Il prelato gode di buona salute e aveva manifestato la propria disponibilità a rimanere alla guida della diocesi allo scadere dei 75 anni. Roma è solita accordare una proroga di uno o due anni, anche se non mancano “concessioni” ben più lunghe: Joachim Meisner rimase a Colonia fino al suo 81esimo compleanno e lo stesso predecessore di Léonard, il cardinale Danneels, rimase alla testa della diocesi fino ai 77 anni. Léonard era inviso ai suoi confratelli nel progressista episcopato belga ed era certamente inviso a Danneels, che è ancora ascoltato a Roma, essendo stato nominato dal Papa al recente Sinodo sulla famiglia del 2014. Lo stesso ex nunzio apostolico, Karl-Josef Rauber, confessò di non aver messo il nome di Léonard, all’espoca vescovo di Namur, nella terna da inviare a Roma nel 2010. Evidentemente la nomina si dovette a un intervento di Benedetto XVI. Quando mons.
Léonard fu designato alla sede metropolitana belga, la diocesi di Malines-Bruxelles contava quattro seminaristi. Nel 2015, anno in cui Francesco accetta le dimissioni di Léonard, i seminaristi erano cinquantacinque. La Fraternità dei Santi Apostoli si ispira all’opera del padre Michel-Marie Zanotti-Sorkine di Marsiglia, un sacerdote tradizionale nella predicazione, ma molto moderno nell’uso dei mezzi di comunicazione. Fondata a Bruxelles con la benedizione di mons. Léonard, la Fraternità conta ventotto membri, di cui venti sono seminaristi. Tra loro anche padre Kurt Suenens, ventinovenne, il più giovane sacerdote dell’arcidiocesi. A questa comunità mons. Léonard aveva affidato la chiesa di santa Caterina, nel centro di Bruxelles, a pochi passi dalla Grand Place. La chiesa, di proprietà del comune, doveva essere sconsacrata e trasformata in un mercato ortofrutticolo. La giunta comunale, per giustificare questa riconversione d’uso, adduceva il fatto che la chiesa era frequentata da pochi fedeli. La presenza della Fraternità ha in breve portato numerosi nuovi fedeli in questa chiesa, scongiurando l’eventualità della chiusura. I sacerdoti della fraternità vestono la talare, organizzano adorazioni del Santissimo Sacramento e sono sempre presenti per le confessioni. Il nuovo vescovo, mons. Jozef De Kesel ha giustificato la sua decisione con ragioni di solidarietà tra vescovi: la Fraternità non può rimanere a Bruxelles, perché i suoi membri sono per lo più francesi.
Ma anche l’ordinazione sacerdotale di un diacono fiammingo, prima prevista per giugno, è stata rimandata sine die. La diocesi aveva già dato un chiaro segnale ai seminaristi della Fraternità tagliando loro le sovvenzioni che prima elargiva. Ora arriva la parola fine all’esperienza di vita comunitaria di questi sacerdoti. Ad oggi non risulta che la Fraternità sia accusata di malversazioni di alcun tipo. La stessa spiegazione del comunicato diocesano, che fa appello alla solidarietà tra diocesi e alla necessità di non sottrarre clero ad altre comunità, appare chiaramente un pretesto, dato che molti sacerdoti non belgi operano nella diocesi di Bruxelles, assicurando una presenza che gli anziani sacerdoti locali non riuscivano a garantire.
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