Basta indignazione collettiva: Nuzzi e Fittipaldi prosciolti, la libertà di stampa è "diritto divino"
Roma. L’urlo liberatorio finisce subito su Twitter: “Assoltiiiiii” scrive Gianluigi Nuzzi, uno dei grandi imputati che escono puliti dal processo Vatileaks 2, chiamato a giudicare i due giornalisti per concorso nella divulgazione di documenti attraverso la pubblicazione dei libri “Avarizia” (Nuzzi) e “Via Crucis” (Fittipaldi), mentre accuse ben più gravi erano state mosse agli altri tre imputati, monsignor Lucio Vallejo Balda, Francesca Immacolata Chaoqui e Nicola Maio: per loro, infatti, il promotore di giustizia (il pubblico ministero) aveva chiesto una condanna per associazione a delinquere. La sentenza di questo pomeriggio attenua e di gran lunga la portata di tutto il grande spettacolo processuale di questi mesi: prosciolti per “difetto di giuridizione” Nuzzi e Fittipaldi, pene ridotte rispetto alla richiesta dell’accusa per Balda e Chaoqui, assolto Maio. Al monsignore sono stati comminati 18 mesi di reclusione, all’ex pr 10 mesi con sospensione della pena per cinque anni.
I due giornalisti sono stati assolti sostanzialmente perché cittadini italiani e quindi il tribunale non era competente a decidere nel merito. Quel che è chiaro, si legge nella sentenza, è che stata “rilevata la sussistenza, radicata e garantita dal diritto divino, della libertà di manifestazione del pensiero e della libertà di stampa nell’ordinamento giuridico vaticano”. La domanda è: ma non si poteva prendere atto prima della propria incompetenza? No, spiegano in giudici, perché l’istruzione “dello svolgimento processuale si è perfezionata solamente nel corso del dibattimento”.
Niente punizioni esemplari, dunque, né censure o sentenze pesanti. Dopo mesi di editoriali e articolesse che denunciavano “la persecuzione” – citando in rapporto di Reporter senza frontiere che puntava il dito contro il sistema giudiziario della Città del Vaticano che avrebbe potuto “condannare a otto anni di prigione dei giornalisti per avere scritto libri sulla corruzione e gli intrighi all’interno della Santa Sede” – il processo si conclude con una soluzione assai mite che smentisce le grida di dolore e le catene di protesta su Twitter organizzate con l’hastag #assolvetenuzziefittipaldi.
Un’ora dopo la sentenza, Padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa, ha diffuso una lunga Nota in cui ribadisce quanto fosse necessario celebrare il processo: “Si doveva fare, per dimostrare la volontà di combattere con decisione le manifestazioni e le conseguenze scorrette delle tensioni e polemiche interne vaticane, che da un certo tempo si riflettono troppo frequentemente anche all’esterno tramite indiscrezioni o filtrazioni di documenti ai media, creando un circolo e un contesto ambiguo e negativo di interazioni fra discussioni interne e rilanci esterni tramite le comunicazioni sociali, con conseguenze negative anche nell’opinione pubblica, che ha diritto a una informazione obiettiva e serena. Questa è una malattia’, come direbbe Papa Francesco, da combattere con determinazione”.
E quanti si indignavano per la messa in stato d’accusa di due giornalisti, Lombardi risponde che “per conoscere e valutare i diversi aspetti di questa situazione era giusto affrontare coraggiosamente anche la dimensione del ruolo e della responsabilità effettiva o meno dei giornalisti nella vicenda, nonostante le prevedibili polemiche a proposito della tutela della libertà di stampa. Questa va certamente tutelata, ma la professione giornalistica può avere anch’essa dei limiti da rispettare se vi sono in concorrenza altri beni importanti da tutelare, ed è giusto verificare se questo è avvenuto o no. Come è stato ribadito più volte, questo non era in alcun modo un processo contro la libertà di stampa”.
Lo scorso 8 novembre, durante l'Angelus, il Papa aveva commentato le vicende legate a Vatileaks: "Rubare quei documenti è un reato, un atto deplorevole che non aiuta".
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