Papa Francesco, il viaggio apostolico in Polonia (foto LaPresse)

Come si può negare la verità? Il Papa e lo scandalo di quel perché senza risposta

Giuliano Ferrara
C’è una ragione per cui Francesco è così silente di fronte al jihad? Forse sì e la risposta alla domanda è sofisticata, esausta, rassegnata e drammatica.

Perché? Il bollino del Papa è importante. Una volta si chiamava Bolla, e tutto era deciso al momento della sua promulgazione. Quello del Papa non è un giudizio come un altro. La selezione nella sede romana, spirito santo a parte, è millenaria (bi). Curia e struttura incorporano saggezza, astuzia, ricognizione multisecolare, equilibrio, senso del tempo e della durata. L’infallibilità non c’entra, riguarda materia dogmatica definita ex cathedra. Ma di fronte alla pervicace, ostinata volontà papale di dire che no, l’attacco islamico non è da confondere con la religione, quando è del tutto evidente l’opposto, e ormai lo ammettono i generali laici al Cairo e perfino gli imam del centro teologico musulmano maggiore, e lo riferiscono i fatti che ci sgomentano mentre illuminano le interpretazioni e non si fanno sostituire dalle opinioni, allora la domanda deve essere una e una sola: perché?

 

Dall’interno della chiesa si levano voci critiche irriducibili. E’ un Papa che viene dopo una drammatica “renuntiatio” e che cede un terreno che la chiesa ha dimostrato di non saper difendere, che non sa parlare inopportune, che si conforma alle opinioni correnti, che incorpora nella teologia del popolo una visione meccanicistica e banalmente socializzante della realtà storica; è un Papa peronista, argentino, biblicamente appena infarinato, facilone, con il tocco pastorale demotico nel presentarsi in funzione altercristica di innovatore e il carisma della chiesa povera, francescana, che presume di riscattare spiritualmente e praticamente, dunque moralmente, l’orbe cattolico; è un gesuita, ha sulle spalle l’eredità ambigua e modernista della riforma cattolica del Cinquecento, della risposta pieghevole e casuistica al luteranesimo, il suo uomo giusto e peccatore deve essere illuminato per la grazia dalla sola fede oppure deve essere guidato da una cultura fedele al ritmo del tempo e del sapere mondano che solo i Reverendi Padri sanno amministrare e impartire. Le radici misericordiose del vangelo cancellano in lui anche il ricordo della libertà e responsabilità morale della chiesa e del cristiano di fronte alla storia in occidente. C’è nell’ovile di Pietro chi non si sente protetto, accudito, difeso dai lupi, e lo proclama con tristezza struggente, se ne scandalizza.

 

C’è anche lo scandalo laico, fuori dalla chiesa. Avete letto Sofri, Cerasa, Marcenaro e altri negli ultimi giorni. Se sterminano i disegnatori satirici libertini e ti viene da dire, a te Papa, che a parlare male della religione si rimedia un cazzotto, è scandalo; se sgozzano un anziano sacerdote gridando che il loro Dio è insuperabile e tenendo un sermone in chiesa, dopo anni di persecuzione e morte e schiavitù distribuita alle minoranze religiose del vicino oriente, ma tu te la prendi con una “guerra che con la religione non c’entra”, e infili la filastrocca degli interessi del denaro o della lotta per accaparrarsi le risorse, e voli verso la gioventù del mondo, a Cracovia, per spargere quel sale dell’amore che ha perso il gusto del sale, è scandalo.

 

Lo scandalo è in quel perché senza risposta. Si tende a pensare che un Papa sia una persona intelligente. Che sia libero dai pregiudizi e dalla paura. Che non abbia debiti storici, che non si faccia intrappolare nel senso di colpa occidentale, che non si vergogni di una chiesa santa e fallibile, casta e meretrice, nel mentre è sotto attacco insieme con la società in cui si esprime la sua libertà. Che sappia discernere il grano dal loglio. Che sia all’altezza della Croce, che non sia necessario ricordargli come amare i nemici voglia dire che esistono nemici da combattere, e da amare, e che si può porgere la propria altra guancia ma non la guancia di tutti gli altri, come ha ricordato Sofri. Forse pensa che la verità di Ratisbona, l’intimo collegamento della predicazione maomettana e della violenza come mezzo di conversione e dominio fideistico, non la si possa decentemente dire, ripetere, praticare  senza correre rischi fatali, perché è intellettualistica, perché non è con un simile paternoster che si può governare il mondo delle civilizzazioni in contrasto. Chissà. Forse è convinto che l’Europa e l’America del nord sono cause perse, e che bisogna cercare altre vie altri luoghi altri carismi allo scopo di evitare una sottomissione ormai in corso nello scontro tra profetismo islamico e cultura illuminata d’occidente. Mi piacerebbe davvero pensare che la risposta a quel perché è una risposta povera, che anche un Papa può semplicemente dire delle scemenze, ma ho paura che sia invece una risposta ricca, sofisticata, esausta, rassegnata e scandalosa.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.