S'avvicina l'intesa tra Pechino e il Vaticano
Roma. Mai come ora l’intesa tra la Santa Sede e Pechino sembra così vicina. A farlo intendere, nella complessità di una lunga lettera la cui prima bozza risale addirittura allo scorso maggio, è il cardinale John Tong Hon, arcivescovo di Hong Kong. Una riflessione sullo stato dei rapporti tra la Cina e il Vaticano, scrive, ma che a scorgere tra le fitte righe fa intendere ben di più, e cioè che i negoziati riservati tra le parti stanno dando i loro frutti. Che il documento sia di tutto rilievo lo indica anche il fatto che sia stato diffuso in cinese, inglese e italiano. Nel testo, Tong Hon scrive che “gli sforzi compiuti per tanti anni dalla chiesa cattolica a riguardo di questo problema hanno gradualmente guadagnato la riconsiderazione del governo cinese; si vuole raggiungere un accordo con la Santa Sede relativo alla nomina dei vescovi in Cina e cercare insieme una soluzione accettata da entrambe le parti”. L’obiettivo, aggiunge, “è da un lato di non danneggiare l’unità fondamentale della chiesa cattolica e l’integrità dell’autorità della Santa Sede nell’iter di nomina dei vescovi; dall’altro lato, fare in modo che l’autorità del Santo Padre nel nominare i vescovi non sia considerata una intromissione nella Cina”. La via è stretta, come più volte ha avvertito chi più d’ogni altro in Vaticano conosce la materia, e cioè l’attuale segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Lo scorso febbraio, quest’ultimo ammetteva la visita a Pechino di una delegazione d’oltretevere, sottolineando però come non fosse la prima volta che ciò accadeva. A ogni modo, aggiungeva Parolin, ciò “fa parte di un certo percorso in vista di una normalizzazione dei rapporti e il solo fatto di poterci parlare è significativo”.
Il cardinale Tong Hon riconosce che non tutto è già deciso benché “gli sforzi dei recenti pontefici stanno producendo i primi risultati”. Eppure, “non poche persone, però, all’interno e all’esterno della Cina, sono preoccupate, manifestano dubbi e perplessità circa la possibilità di raggiungere un accordo; temono che gli ufficiali della Curia e lo stesso Pontefice cedano sui princìpi fondamentali”. L’agreement non è pubblico, ma – sono ancora parole dell’arcivescovo di Hong Kong – “osiamo credere che Papa Francesco, come garante dell’unità e della comunione della chiesa universale, non accetterà nulla che possa danneggiare l’integrità della fede della chiesa universale o mettere in pericolo la comunione della chiesa in Cina con la chiesa universale”. Il canovaccio della possibile intesa è noto da tempo, e ha nella scelta dei vescovi il suo punto più critico. Nella Lettera ai cattolici cinesi del 2007, Benedetto XVI chiariva che “la nomina dei vescovi da parte del Papa è garanzia dell’unità della chiesa e della comunione gerarchica”. L’ipotesi di soluzione su cui le parti ragionano prevederebbe la presentazione da parte di Pechino di una lista di candidati alle sedi episcopali. Spetterebbe poi al Papa decidere chi nominare ufficialmente. Si tratta d’un compromesso che non comporta la sconfessione della Lettera del 2007, perché la designazione finale sarebbe – formalmente – prerogativa della Santa Sede. Il documento firmato da Tong Hon punta anche ad abbassare i toni, alzatisi negli ultimi mesi dopo le forti prese di posizione dell’arcivescovo emerito, il cardinale Joseph Zen, che dopo aver criticato pubblicamente il segretario di stato Parolin – “mi fidavo di lui” – nei giorni scorsi ha sostenuto che il Vaticano “sta svendendo la parte migliore della nostra chiesa”.
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