“Inadeguato”. Così i gesuiti tedeschi stroncano l'ultimo libro di Benedetto XVI
Roma. “Questo libro non dovrebbe esistere”, ha detto il teologo gesuita austriaco Andreas Batlogg commentando ai microfoni di una radio tedesca il volume-intervista a Benedetto XVI curato da Peter Seewald, uscito in Italia con il titolo di “Ultime conversazioni” (Garzanti-Corriere della Sera). Batlogg è direttore dello Stimmen der Zeit (Le voci del tempo), una delle principali e autorevoli riviste mensili cattoliche dell’area tedesca, edita a Monaco di Baviera e fondata nel 1865 dai gesuiti Florian Riess e Gerhard Schneemann.
Il giudizio è netto e senza possibilità d’appello: “E’ stato privo di stile e privo di tatto commentare il successore”, ha detto Batlogg – che dell’opera apprezza soprattutto i passaggi in cui il Papa emerito ammette gli errori compiuti, come il caso del vescovo negazionista Williamson e il discorso di Ratisbona – bollando come “sciocchezze”, un “no sense assoluto”, le frasi pronunciate qualche mese fa all’Università Gregoriana da mons. Georg Gänswein (segretario di Joseph Ratzinger) secondo cui accanto a un papato attivo ve ne sarebbe uno contemplativo, incarnato proprio dal Pontefice emerito: “Francesco ha detto che c’è un Papa, lui paragona Benedetto a un nonno che si ha in casa, ma c’è un solo Papa e la distinzione del prefetto della Casa pontificia è una sciocchezza”.
Ma più che i pericoli sottesi all’identificazione di Benedetto come una sorta di antipapa – a giudizio di Batlogg questo rischio esiste, soprattutto “con il battage mediatico di questo libro” – ciò che pare aver irritato di più il gesuita austriaco sono le osservazioni (definibili pure come bordate) che Ratzinger ha fatto circa la situazione della chiesa tedesca.
Batlogg non lo nasconde e la mancanza di tatto è applicabile pure – precisa – a quel contesto: “Penso che il cardinale Marx, che è anche presidente della Conferenza episcopale tedesca, taccia per buone ragioni. Ma i commenti sulla chiesa tedesca – e Benedetto una volta era arcivescovo di Monaco e Frisinga e per molti anni professore di Teologia – sono semplicemente inadeguati”. Un’intromissione, dunque, con il Papa emerito “rimasto fedele ai suoi spauracchi, agli stereotipi che ha dagli anni Settanta”. Senza troppi giri di parole, a colpire sono stati i commenti sull’apparato burocratico e finanziario della chiesa di Germania, così lontana dall’essere povera per i poveri come pure tanti suoi autorevoli rappresentanti vanno dicendo in conferenze, libri, interviste. Un punto dolente che Benedetto XVI aveva tentato di sanare una volta eletto al Soglio petrino, e nel corso del suo ultimo viaggio in patria aveva denunciato “un’eccedenza delle strutture rispetto allo Spirito”.
Nelle ultime conversazioni con Seewald, Ratzinger torna sulla questione: “In Germania abbiamo un cattolicesimo strutturato e ben pagato, in cui spesso i cattolici sono dipendenti della chiesa e hanno nei suoi confronti una mentalità sindacale. Per loro la chiesa è solo il datore di lavoro da criticare. Non muovono da una dinamica di fede. Credo che questo rappresenti il grande pericolo della chiesa in Germania: ci sono talmente tanti collaboratori sotto contratto che l’istituzione si sta trasformando in una burocrazia mondana”.
A rendere chiaro il concetto, è sufficiente notare che al 2015, la curia di Monaco e Frisinga (guidata dal cardinale Reinhard Marx, che oltre a essere il capo dei vescovi del paese è anche coordinatore del Consiglio per l’economia, in Vaticano) poteva contare su 835 dipendenti, quasi tutti laici. Sulla tassa ecclesiastica, la Kirchensteuer da pagare pena il non poter far parte della comunità cattolica – e tanti cattolici preferiscono non dichiararsi tali pur di non corrispondere l’esoso tributo, nel volume Benedetto XVI è stato altrettanto chiaro: “Ho grossi dubbi sulla correttezza del sistema così com’è. Non intendo dire che non ci debba essere una tassa ecclesiastica, ma la scomunica automatica di coloro che non la pagano, secondo me, non è sostenibile”. Batlogg obietta: “Ratzinger è stato parte di questo sistema” e poi “con questi soldi si possono fare molte cose buone”, opinione assai diffusa oltralpe.
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