Il Papa: "Guerra e terrorismo non c'entrano con la religione. Anche noi abbiamo i fondamentalisti"
Intervista di Francesco a un settimanale belga: "La laicità va bene, il laicismo che nega la trascendenza no". L'Europa? "Mancano leader che vadano avanti"
Roma. "Il terrorismo e la guerra non sono in relazione con la religione", ha detto il Papa nell'intervista concessa al settimanale cattolico belga Tertio, in cui ha anche parlato del Giubileo straordinario della misericordia che s'è chiuso a fine novembre e della prospettiva di una chiesa sinodale ("Questo è sinodalità: non calare dall'alto in basso, ma ascoltare le chiese, armonizzarle, discernere"). "Si usano deformazioni religiose per giustificarle, questo sì. Voi siete testimoni di questo, lo avete vissuto nella vostra patria. Ma – ha continuato Francesco rivolgendosi ai belgi – sono deformazioni religiose, che non riguardano l'essenza del fatto religioso, che è piuttosto amore, unità, rispetto, dialogo, tutte queste cose… Ma non in quell'aspetto, ossia, che in ciò bisogna essere tassativi, nessuna religione per il fatto religioso proclama la guerra. Alcune deformazioni religiose sì. Per esempio, tutte le religioni hanno gruppi fondamentalisti. Tutte. Anche noi. E da lì distruggono, a partire dal loro fondamentalismo". Ma, ha osservato ancora il Pontefice, "sono questi piccoli gruppi religiosi che hanno deformato, hanno ammalato la propria religione, e da qui combattono, fanno la guerra o fanno la divisione nella comunità, che è una forma di guerra. Ma questi sono i gruppi fondamentalisti che abbiamo in tutte le religioni. C'è sempre un gruppetto".
Francesco ha parlato anche d'Europa e guerra: "Credo che quel 'Mai più la guerra!' non sia stato preso sul serio, perché dopo la Prima c'è stata la Seconda, e dopo la Seconda, c'è questa terza che stiamo vivendo adesso, a pezzetti. Siamo in guerra. Il mondo sta facendo la terza guerra mondiale: Ucraina, medio oriente, Africa, Yemen… E' molto grave. Quindi, 'mai più la guerra!' lo diciamo con la bocca, ma intanto fabbrichiamo armi e le vendiamo; e le vendiamo agli stessi che si combattono; perché uno stesso fabbricante di armi le vende a questo e a questo, che sono in guerra fra di loro. E' vero".
Qui il Papa ha citato un esempio concreto: "C'è una teoria economica che non ho provato a verificare, ma l'ho letta in diversi libri: che nella storia dell'umanità, quando uno stato vedeva che i suoi bilanci non andavano, faceva una guerra e rimetteva in equilibrio i propri bilanci. Vale a dire, è uno dei modi più facili per produrre ricchezza. Ceto, il prezzo è molto alto: il sangue".
Dura l'analisi sulla crisi europea: "Al giorno d'oggi mancano leader; l'Europa ha bisogno di leader, leader che vadano avanti", rimandando ai tre discorsi pronunciati in sede europea, e cioè i due a Strasburgo e quello in occasione del Premio Carlo Magno, il 6 maggio di quest'anno. Conversando con un periodico belga, era poi scontata una riflessione sulla separazione della religione dalla vita pubblica. "Un'impostazione antiquata", ha risposto subito Francesco. "Questa è l'eredità che ci ha lasciato l'Illuminismo, in cui ogni fenomeno religioso è una subcultura. E' la differenza tra il laicismo e la laicità".
"Il Vaticano II ci parla dell'autonomia delle cose, dei processi e delle istituzioni. C'è una sana laicità, per esempio la laicità dello stato. In generale, uno stato laico è una cosa buona; è migliore di uno stato confessionale, perché gli stati confessionali finiscono male. Però una cosa è la laicità e un'altra è il laicismo. Il laicismo chiude le porte alla trascendenza, alla duplice trascendenza: sia la trascendenza verso gli altri e soprattutto la trascendenza verso Dio; o verso ciò che sta al di là. E l'apertura alla trascendenza fa parte dell'essenza umana. Fa parte dell'uomo".