Il cardinale Turkson chiama i vescovi americani all'azione: "Fate lobby contro Trump"
Il prefetto del dicastero per lo Sviluppo umano integrale condanna le politiche dell'Amministrazione repubblicana sull'immigrazione
Roma. Il cardinale Peter Turkson, prefetto del dicastero per lo Sviluppo umano integrale, affida a una colazione di lavoro al ristorante Il Papalino di Roma le sue considerazioni sulla politica americana. E non sono parole dolci nei confronti di Donald Trump: “Per fortuna anche negli Stati Uniti ci sono voci di dissenso, voci contrarie, in disaccordo esplicito contro le posizioni di Trump: il suo bando contro le immigrazioni è stato bloccato alle Hawaii. E’ un segno che ci può essere un’altra voce”.
A finire nel mirino del porporato africano sono le misure sull’immigrazione, dai bandi al muro lungo il confine meridionale. Fin qui nulla di nuovo. Quel che Turkson ha aggiunto – e che difficilmente sarà stato apprezzato in Segreteria di stato, attenta ad abbassare i toni, cercando di imbastire un dialogo improntato al più sano realismo con tutti gli attori internazionali – è l’auspicio affinché a darsi da fare sia “la chiesa degli Stati Uniti”, chiamata a fare una “azione di lobby”. Una chiamata alle armi contro la nuova Amministrazione americana, insomma. Il problema è che l’episcopato americano non ha alcuna intenzione di andare allo scontro frontale con la Casa Bianca. Se la critica sulle politiche migratorie è netta (in tal senso si sono espressi sia vescovi d’orientamento progressista, come il cardinale di Chicago Blase Cupich, sia presuli considerati conservatori, qual è ad esempio l’arcivescovo di Los Angeles, l’ispanico José Horacio Gomez), la maggioranza della conferenza episcopale considera vitale sviluppare un confronto sereno per assicurare la “tenuta” sulla difesa dei cosiddetti valori non negoziabili dopo gli otto anni di sofferenza patiti durante la presidenza democratica di Barack Obama.