L’arcivescovo di Strasburgo, Luc Ravel

"L'islam prenderà l'Europa con le nascite"

Giulio Meotti

L’arcivescovo di Strasburgo, Luc Ravel, evoca il “grand remplacement”

Roma. Non sono mancati i grandi prelati, vescovi e cardinali, che hanno denunciato il “sorpasso” dell’islam in Europa. Come il cardinale Raymond Leo Burke: “Ho sentito diverse volte degli islamici che spiegavano: ‘Quello che non siamo riusciti a fare con le armi in passato lo stiamo facendo oggi con la natalità’”. Come Piero Gheddo, decano dei missionari italiani: “L’islam ha demograficamente in mano il futuro dell’Europa”. Come il cardinale Christoph Schönborn, l’arcivescovo di Vienna che ha parlato della possibile “conquista islamica dell’Europa”. Come l’ex capo della chiesa cattolica nella Repubblica Ceca, il da poco defunto Miloslav Vlk: “I musulmani in Europa hanno molti più figli delle famiglie cristiane”. Adesso però una simile denuncia non viene da un esponente dell’ala più conservatrice del clero, ma da un alto rappresentante della solitamente timida chiesa francese, l’arcivescovo di Strasburgo Luc Ravel, per giunta nominato da Papa Francesco lo scorso febbraio. 

 

In una intervista al quotidiano Dernières Nouvelles d’Alsace e che ha fatto il giro dei media mainstream francesi, l’arcivescovo prima ha parlato dei numeri dell’aborto: “L’aborto non è solo concesso ma incoraggiato. E si tratta di un incoraggiamento che non posso accettare, non per una questione di fede, ma perché amo la Francia”. Dice che si dovrebbe “lasciar fluire generosamente la vita, questo è il segno più sicuro della forza di una nazione e una civiltà”. Poi Ravel si è lasciato scappare quella frase: “I fedeli musulmani sono ben consapevoli del fatto che la loro fertilità è tale che oggi lo chiamano… ‘Grand Remplacement’, lo dicono in maniera molto pacata e positiva che un giorno tutto questo sarà loro”. E’ la prima volta che un grande prelato cattolico, come l’arciverscovo di Strasburgo Luc Ravel, usa l’espressione coniata dallo scrittore e pamphlettista Renaud Camus, “Grand Remplacement”, la sostituzione del popolo francese da parte dell’islam e che gli è costata ben due condanne da parte dei tribunali francesi per “incitamento all’odio”.

 

E proprio due settimane fa una feroce polemica era scoppiata al programma radio “Répliques”, su France Culture, quando il filosofo Alain Finkielkraut aveva osato invitare proprio Camus a parlare di “Grand Remplacement”. “Renaud Camus non ha più voce in capitolo anche se tutti parlano di lui, dandogli la parola ho voluto mettere fine all’anomalia di questa assenza onnipresente”, ha cercato di difendersi Finkielkraut. A violare il tabù anche Michèle Tribalat, direttrice dell’Istituto nazionale degli Studi demografici che ha appena pubblicato un libro intitolato “Assimilation: la fin du modèle français”, dove traccia un parallelismo quasi apocalittico tra l’esplosione dei flussi migratori e il fallimento dell’integrazione.

 

L’arcivescovo di Strasburgo, Luc Ravel, non è nuovo a provocare il dibattito in Francia. Nel 2015 scrisse un saggio per spiegare che i cristiani d’Europa erano presi fra due fuochi, “la bomba terrorista, il profeta vendicativo” da un lato, e dall’altra parte “i terroristi del pensiero, gli adoratori della Repubblica”. Così che “non saremo tenuti in ostaggio dagli islamisti, ma non vogliamo essere tenuti in ostaggio dai benpensanti”. Adesso Ravel ha senz’altro rotto due tabù con la sua ultima intervista.
Oggi in Francia, a più di quarant’anni dalla legge che ha preso il nome della compianta Simone Veil, un quarto delle nascite finiscono ancora in un aborto. Un francese su quattro. A fronte di 800 mila nascite ogni anno ci sono circa 220 mila interruzioni di gravidanza. Otto milioni di aborti, circa, dal 1975. Ravel ha poi sollevato il tema, sulfureo e controverso, del “sorpasso” dell’islam e della sua crescita demografica.

 

Ogni inizio anno, l’Insee pubblica le cifre per lo stato civile relativo ai nomi assegnati ai bambini nati in Francia dal 1900. Così, a Seine-Saint-Denis il 42,9 per cento sono nomi musulmani, nella Val-de-Marne il 26,3, il 23,5 nel Rodano, il 20 nel Bouches-du-Rhône, il 19 nell’Hérault e il 17,1 a Parigi. Nessuno sa quanti siano i musulmani di Francia (è proibito raccogliere le statistiche su base etnico-religiosa). Ma in due decenni, la popolazione musulmana francese si suppone sia aumentata del 25 per cento secondo le stime più basse, del 50 per cento per le stime mediane, del 100 per cento se si confrontano le cifre Ined e del governo dal 1997 al 2014, passando da tre a sei milioni. E’ due, tre, sei volte la crescita media della popolazione francese. Forse per questo l’espressione “Grand Remplacement” spaventa tanto.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.