Padre Spadaro spiega (spericolato) il ciaone di Francesco all'occidente

Maurizio Crippa

Il saggio della Civiltà Cattolica sui "nemici" fondamentalisti del Papa fa discutere. Ma il punto è il ruolo globale della chiesa

Milano. Iniziare un saggio sulla Civiltà Cattolica con un perentorio “In God WeTrust”, in corsivo e punto, chiarisce che di America si parla, e non con bonomia francescana. Un esordio d’attacco, inconsueto. Eppure padre Antonio Spadaro, in collaborazione con Marcelo Figueroa, pastore presbiteriano, lo ha fatto. Il titolo amplia l’orizzonte, mette in fila due nemici e una bocciatura: “Fondamentalismo evangelicale e integralismo cattolico – Un sorprendente ecumenismo”. Due nemici e la loro inedita saldatura contro le parole d’ordine di Francesco: quelle relative alla pace mondiale e al no ai conflitti su base etnica e religiosa (delle questioni cosiddette valoriali, non c’è quasi traccia). Basta osservare il polverone sollevato per capire che, se era una dichiarazione di guerra, è stata recapitata. E non è necessario schierarsi con le truppe a supporto – sulla Repubblica di sabato Alberto Melloni, che già nelle scorse settimane si era incaricato di spiegare il siluramento dei cardinali Pell e Müller come una nuova fase della rivoluzione bergogliana – o con coloro che, come il direttore di Catholic Culture Phil Lawler, si domandano il perché di un “attacco agli alleati naturali degli insegnamenti cattolici tradizionali”. Che Francesco possa avvertire che il suo pontificato è a un punto di non ritorno, o persino di impasse proprio sui temi a lui più cari, è plausibile. Ma ridurre la critica “all’ecumenismo dell’odio” ai due tre problemi di islam, guerra, migranti è insufficiente. Le pagine della Civiltà Cattolica vanno molto oltre. Esplicitano una presa di distanza netta, molto netta, dall’occidente inteso come orizzonte del cristianesimo, o del cattolicesimo. E dall’occidente come espressione geopolitica. L’occidente per Bergoglio è un’espressione geografica. Un bel salto. 

   

Breve abstract. Si parte dalla critica alla mescolanza di politica, questioni etiche e religiose, pericolosa quando assume posizioni manichee. Il rischio è che la comunità della fede (faith) diventi comunità dei combattenti (fight). Ci sono riferimenti interessanti alla genesi del fondamentalismo politico-religioso negli Stati Uniti a partire dagli inizi del 900. Poi viene processato il passaggio dal pietismo alla “teologia della prosperità”. Ovviamente non tutta la storia del protestantesimo americano è stata improntata a questo radicalismo, e l’“american way of life” è stata definito come un “protestantesimo secolarizzato”. Ma è vero che anche contro questa “religione della modernità” nasce la reazione evangelical. Che in politica inizia a vincere con Reagan e poi con George W. Bush. Oggi siamo a Trump, e per Spadaro “si sta sviluppando una strana forma di sorprendente ecumenismo tra fondamentalisti evangelicali e cattolici integralisti, accomunati nella medesima volontà di un’influenza religiosa diretta sulla dimensione politica”. E’ l’“ecumenismo dell’odio”, cui però Bergoglio non dà sponde teologiche. Ma c’è di più. La linea di faglia non è il conflitto tra il Papa e Trump (o la chiesa americana). Quello che Francesco sta indicando è il divorzio dall’occidente come categoria morale e politica. L’idea chiave, forse inedita attribuita a un Papa, è questa: “Francesco intende spezzare il legame organico tra cultura, politica, istituzioni e chiesa. La spiritualità non può legarsi a governi o patti militari… le religioni non possono considerare alcuni come nemici giurati né altri come amici eterni”. La bocciatura dell’approccio evangelicale-tradizionalista è totale perché esso “attende la possibilità di influire nella sfera politica, parlamentare, giuridica ed educativa, per sottoporre le norme pubbliche alla morale religiosa”. E di questo, Francesco non vuole sapere. Francesco, spiega Spadaro e non c’è ragione di dubitare dell’assenso di chi ha riletto le bozze –“rifiuta radicalmente l’idea dell’attuazione del Regno di Dio sulla terra, che era stata alla base del Sacro Romano Impero e di tutte le forme politiche e istituzionali similari”. Questa totale depoliticizzazione, questo stacco completo da una visione storica centrata sull’occidente è il vero punto su cui si dovrà riflettere. La guerra con l’America può mutare di segno e finire. Il tentativo di uscire dall’occidente è più radicale, rischioso. Forse non è una barca che si capovolge, ma è un brusco cambio di rotta.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"