Ruspe contro le chiese, ma per l'islam c'è sempre posto. Accade in Francia
Nel giorno dell'anniversario della morte di padre Hamel, il sacerdote sgozzato da un commando dell'Isis, a Sablé-sur-Sarthe viene demolita la chiesa di san Martino. E non è l'unica
Roma. “La Francia non è uno spazio a caso, quindici secoli di storia e la geografia hanno determinato la sua personalità” aveva scritto il giornalista Denis Tillinac lanciando l’appello a salvare le chiese francesi, firmato anche da Jean Clair e Alain Finkielkraut, in risposta alla richiesta degli imam francesi di convertire in moschee le chiese non utilizzate. “Chiese, cattedrali, santuari e altri luoghi di pellegrinaggio danno senso e forma al nostro patriottismo”. Persino François Mitterrand nel 1981 mise una chiesa di campagna nel suo manifesto elettorale sulla “forza tranquilla”.
Un anno fa, fu un commando dello Stato islamico a prendere in ostaggio un gruppo di parrocchiani nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, sgozzando ai piedi dell’altare il sacerdote, padre Jacques Hamel. Grande commozione era seguita al più grave attacco a un simbolo cristiano in Europa per mano del fondamentalismo islamico. La settimana scorsa, negli stessi giorni dell’anniversario di Hamel, sono entrate in azione le ruspe a Sablé-sur-Sarthe, per demolire la chiesa di san Martino, costruita nel 1880 e abbandonata nel 2015. Un parcheggio deve essere costruito al posto del vecchio edificio religioso. Le fotografie e i video postati sui social network mostrano le ruspe che strappano intere sezioni della chiesa e la croce.
Il 2016, l’anno di Hamel, è stato un anno di grande attivismo secolarizzatore in Francia. Il sito Patrimoine-en-blog, che fornisce un inventario regolare di cappelle e chiese demolite, riferisce di sette chiese abbattute soltanto nel 2016 (due nel 2017). Si va dalla cappella di San Bernardo a Clairmarais alla chiesa di Ferrandière a Villeurbanne. Assieme a quelle distrutte, nel 2016 lo stato francese, che gestisce parte dei luoghi di culto dal 1905, ha sconsacrato e messo in vendita altri 26 luoghi di culto cristiani. E’ un crescendo, visto che nel 2015 furono dodici le chiese finite sul mercato immobiliare.
Nell’anno trascorso, a Lombez il convento dei cappuccini è diventato un palazzo uffici e appartamenti; la chiesa di San Druon a Carvin è diventata un “centro di intrattenimento”; a Rennes la cappella delle clarisse è ora una palestra; l’abbazia della Madonna di Auberive è invece diventata una galleria d’arte. “Il modo migliore per preservare un edificio è viverlo, trovargli un impiego”, dice Benjamin Chavardès, docente presso la Scuola nazionale di Architettura di Lione che ha organizzato una conferenza internazionale sull’uso delle chiese abbandonate di Francia. Secondo un rapporto dell’Osservatorio del patrimonio religioso presentato al Senato della Repubblica, la Francia deve prepararsi alla “perdita da cinquemila a diecimila edifici religiosi entro il 2030”. Lo storico dell’arte Didier Rykner, che dirige la rivista Tribune de l’Art, ha scritto che “è dalla Seconda guerra mondiale che non vedevamo chiese ridotte in macerie”.
La Francia “si è stancata di difendere la propria identità e le proprie radici, e sembra sempre più fondata sulla vacuità”, ha scritto la filosofa Chantal Delsol. I sindaci, così ligi quando si tratta di addurre ragioni economiche nel mantenimento di chiese ormai vuote, sono sempre generosi quando si tratta delle moschee. “2.390 moschee oggi, contro 1.545 nel 2003, il segno più visibile della rapida crescita dell’islam in Francia”, ha spiegato una inchiesta di Valeurs Actuelles. Come spiega Jean-Christophe Moreau, autore di “Islamophobie, la contre-enquête”, “quando si tratta di islam, ogni scrupolo per la neutralità lascia il posto a un chiaro attivismo dei comuni”. Così, si va dai terreni venduti a 7,5 euro al metro quadro per costruirci una moschea alle sovvenzioni culturali, fino ad arrivare al caso limite di Evreux, dove è stato fornito alla locale Unione del culto musulmano un terreno di cinquemila metri quadrati alla cifra di un euro. A volte basta una semplice sala da tè per poche centinaia di migliaia di euro di sovvenzione. Elisabeth Schemla nel suo libro “Islam, l’épreuve française” (Plon), stima che i comuni coprono spesso fino al trenta per cento delle spese per costruire una nuova moschea. Negli ultimi trent’anni sono state costruite in Francia più moschee e centri di preghiera musulmani di tutte le chiese cattoliche edificate nel secolo scorso.
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