Il tabù sul sesso che la chiesa non affronta
Riformare la Humanae vitae significa incidere nella radice del cristianesimo. La liberazione del principio del piacere dal vincolo del matrimonio e della procreazione è un segno apocalittico, non un modernizzatore segno dei tempi
La chiesa di Roma vuole riformare l’Humanae vitae di Paolo VI, un’enciclica del 1968 sul sesso e la procreazione che festeggiammo qui nel quarantennale ripubblicandola integralmente nel pieno della campagna per la moratoria sull’aborto. Matteo Matzuzzi ieri ha raccontato con la solita maestria il contesto teologico, dottrinale e di pensiero civile. L’anno prossimo sarà il cinquantenario. Nel frattempo c’è stata la Amoris laetitia, esortazione apostolica postsinodale dedicata da Bergoglio, con molti “dubia” nella chiesa e tra i cardinali, al principio del caso singolo, della discrezione nel giudicare e nell’accompagnare i fedeli lungo la via che (in tema) essi hanno scelto e che i vescovi e i preti non possono ostruire con scelte dogmatiche generali. C’è una casistica per tutto, e il Papa gesuita ne indica i contorni. A che serve ormai un testo “proibizionista” in materia di contraccezione e di morale sessuale (che espressione obsoleta), nato già in circostanze drammatiche e divisive, foriero di inquietudine e di ribellione aperta?
La chiesa ha diritto di cambiare tutto, e in certo senso perfino il dogma è sottoposto alla legge dello sviluppo, come insegnava il cardinale John Henry Newman, beatificato da Benedetto XVI. Certo, ci sono espressioni evangeliche, testimoniate come diretta emanazione della predicazione di Gesù Cristo, che fanno come si dice problema. Per esempio quella sullo scioglimento del vincolo contratto con il matrimonio, piuttosto chiara e univoca. Ma il mito del vangelo sine glossa, così com’è, agitato senza scrupoli in tanti contesti anche e sopra tutto dai riformatori e innovatori per testimoniare una fede memoriale e tutta interiore staccata da dogmi e sacramenti che la chiesa custodisce (quando le pare e come le pare), è una narrazione pastorale utile, non un concetto teologico ferrato. E il biblicismo rilanciato dalla Riforma di Wittenberg, attenersi alla Scrittura sacra e mandare al diavolo il dottrinarismo di Papi e concilii, fu la base costruttiva di una nuova chiesa antiromana che ancora oggi, in pieno ecumenismo della fede, le autorità ecclesiali petrine stentano a definire pienamente chiesa. Paradigmi o modi di pensare e di credere soggetti al divenire, ai segni dei tempi da cogliere, se non vogliamo dire alla storia e alle varianti dell’interpretazione: questo sono le varie teologie, anche la teologia morale. Per quante riserve si possano legittimamente avere sul concetto e la pratica della libertà di coscienza modernamente intesi, nessuno riproporrebbe tale e quale la definizione di questa libertà come “delirio” contenuta in una celebre enciclica papale dell’Ottocento.
La questione del sesso però è più complicata, sia per la chiesa sia per il mondo esterno ai muri della chiesa, per il pensiero e la cognizione del mondo che hanno i cristiani e i non-cristiani o i diversamente cristiani. Nell’Antico Testamento, nelle lettere paoline e nella Civitas Dei di Agostino si dice in forma diversa ma con eguale tenebroso splendore che peccato e piacere nascono congiunti, che il pudore della foglia di fico interviene quando l’amore originario si fa concupiscenza carnale. La liberazione del principio del piacere dal vincolo del matrimonio e della procreazione, ché questo sono la pillola l’aborto e il divorzio, implica una nuova antropologia o scienza dell’uomo per la quale il pensiero cristiano non è attrezzato come si deve, e la divinizzazione del sesso è roba new age, è un segno apocalittico non un modernizzatore segno dei tempi.
Riformare la Humanae vitae, cioè ammettere l’opposto di quello che lì è scritto, significa incidere nella carne viva della tradizione biblica e patristica, cioè nella radice della chiesa e del cristianesimo. Freud ci ha pensato molto e in grande, e ha inventato una terapia che secondo Karl Kraus è essa stessa la malattia che vuole curare, ma comunque la si pensi non ha risolto il problema. Lutero ha abrogato il matrimonio come sacramento, ma per quanti progressi babilonici siano stati fatti nel pensiero protestante, perfino quel gesto estremo non sembra aver imboccato la soluzione del problema. Come e perché scopi, e quale percezione etica hai delle conseguenze dell’amore, di accettazione o di libera repulsione, ecco una questione sempre piuttosto attuale. E non solo per il pensiero cristiano o per la tradizione dottrinale ecclesiastica. La cosa riguarda anche il pensiero in sé, l’uso razionale della mente umana, e se la prassi libertaria ha informato di sé tutta la vita occidentale, non c’è persona seria che non capisca quanto sia problematica la fine della disciplina matrimoniale eterosessuale. Noi non siamo nessuno per giudicare, ma rinunciare a pensare sesso vita e matrimonio, non solo per la chiesa, non è la soluzione.
Vangelo a portata di mano