Demolire le croci
I giudici francesi hanno deciso il destino di una statua di Wojtyla: rimuovete il simbolo cristiano
Roma. Si è conclusa dopo più dieci anni anni di denunce, ricorsi e controricorsi la vicenda della statua di Giovanni Paolo II collocata in una piazza di Ploërmel, borgo di diecimila anime in Bretagna, Francia settentrionale. Il comune aveva deciso nel 2006 di ricordare con un monumento Karol Wojtyla, il Pontefice polacco morto l’anno prima. A farsi carico dell’impresa era stato l’artista russo Zourab Tsereteli, che aveva donato il manufatto alla cittadina. Subito, però, la locale sezione della Federazione nazionale del pensiero libero si era mossa, avanzando a tutti gli organi competenti la richiesta di rimuovere quella statua. Non perché sia artisticamente modesta – ricorda la simil garitta che fu piazzata davanti alla stazione Termini a Roma – bensì perché contraria alla Legge del 1905 sulla separazione tra stato e chiesa. Il 30 aprile del 2015, un giudice di Rennes aveva accolto le rimostranze degli agnostici, intimando all’amministrazione comunale di spostare da qualche altra parte l’opera, in modo da renderla invisibile. Qualche mese dopo, il tribunale amministrativo di Nantes cancellava la sentenza, per un banale errore di procedura. Adesso è arrivata la parola fine e a metterla è stato il Consiglio di stato: la statua può rimanere, ma a essere demolita deve essere la croce che svetta sopra il capo di Giovanni Paolo II. E questo perché la legge del 1905 vieta di “innalzare o apporre su qualunque luogo pubblico segni o emblemi religiosi”. Nel caso in oggetto, “la statua è circondata da un arco sormontato da una croce, simbolo della religione cristiana che, per sua disposizione e dimensioni, ha un carattere ostentato”.
Come in Cina
La motivazione è la stessa che ha portato nel 2014 le autorità cinesi della provincia dello Zhejiang a rimuovere migliaia di croci dalle chiese perché ree di deturpare lo skyline. I bulldozer arrivavano di notte e prima dell’alba gli edifici di culto cristiani erano stati neutralizzati: niente simboli, ma anonime facciate di edifici come tanti altri nelle vicinanze.
Il resto del dispositivo dei giudici francesi è cavilloso, al limite dell’imbarazzante, finendo a discettare sulle misure della struttura che circonda la statua, che per forma e materiali non può essere identificata come simbolo religioso. Sulla croce, invece, non possono esserci dubbi: va rimossa subito, ché disturba e mina il sacro principio della laïcité. Il sindaco, gollista, non esclude di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo: “La statua ha fatto parte del paesaggio di Ploërmel per dodici anni, non disturba gli abitanti e rappresenta un patrimonio innegabile per la città”, ha detto. La vicenda ricorda da vicino quella della statua della Vergine fatta rimuovere l’anno scorso a Publier, nell’Alta Savoia. Nel 2011 l’amministrazione comunale l’aveva collocata in un parco pubblico, fino a quando il tribunale aveva ordinato l’occultamento, pena 100 euro al giorno di multa finché il provvedimento non fosse stato ottemperato. A nulla era valso il tentativo in extremis del sindaco di donare il suolo su cui s’ergeva l’opera alla parrocchia. I cultori del pensiero libero anche allora avevano esultato per il “trionfo della ragione”, così come fanno ogni anno quando si tratta di fare reclamo contro gli allestimenti del presepe che a ridosso di Natale vengono organizzati dai municipi. Anche in questo caso si tratta di violazione della legge del 1905: il bambinello nella mangiatoia si può mettere, a patto che non sia visibile nei luoghi pubblici. Da qui, la provocazione che tanti aderenti ha già conquistato: perché allora non provvedere a togliere la croce occitana dal gonfalone del comune di Tolosa? Vedere sventolare ogni giorno quel simbolo cristiano può arrecare disturbo.
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