La battaglia sul fine vita
Ruini ci spiega perché all'Italia non serve una legge sul fine vita
“E’ improprio usare il discorso di Francesco come un sostegno all’approvazione della legge sulle Dat”. La tentazione insidiosa di oggi
Roma. “Il messaggio di Papa Francesco al meeting europeo della World Medical Association non contiene alcuna novità dottrinale rispetto a quanto affermato già sessant’anni fa da Pio XII in un discorso agli anestesisti e rianimatori e poi ribadito in maniera particolarmente autorevole da Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae n. 65”. Il cardinale Camillo Ruini, dal 1991 al 2007 presidente della Conferenza episcopale italiana, ha letto integralmente il discorso pronunciato giovedì mattina dal Pontefice e in un colloquio con il Foglio dice di non condividere per nulla l’uso di termini quali “svolta” che tanto spazio hanno trovato sui giornali e nelle dichiarazioni di diversi esponenti politici, pronti a brandire come un vessillo le dichiarazioni papali in vista della battaglia parlamentare sul biotestamento. “Faccio mia al riguardo – aggiunge – la valutazione espressa da mons. Angelo Becciu”, il sostituto della Segreteria di stato secondo il quale “non cambia niente”. Ruini spiega che “in concreto va evitato l’accanimento terapeutico, cioè interventi medici non adeguati alla reale situazione del malato, perché non proporzionati ai risultati che si potrebbero ottenere o troppo gravosi per il malato stesso e la sua famiglia. Nello stesso tempo – sottolinea il porporato – deve rimanere completamente esclusa l’eutanasia, ossia un’azione o un’omissione (di cura, di alimentazione, ecc.) che di sua natura e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare il dolore”. C’è un però, che Ruini tiene a sottolineare: “Il messaggio di Papa Francesco non è tuttavia una semplice ripetizione di quanto già affermato dal Magistero della chiesa: si cala infatti nella situazione di oggi, nella quale gli interventi medici sul corpo umano diventano sempre più efficaci, senza però che questo equivalga in ogni caso a promuovere la salute. Perciò, come scrive il Papa, ‘occorre un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona’”. Come si giustifica allora la rincorsa a parlare di svolta, di rottura con quel che la chiesa ha sempre detto (è sufficiente consultare il Catechismo al punto 2278 per accorgersi che non ci sono novità né prese di posizione epocali)? “Secondo una prassi ormai consolidata – dice Ruini – le parole del Papa sono state applicate immediatamente, e impropriamente alla situazione politica italiana, interpretandole come un sostegno all’approvazione della proposta di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento. Si tratta di un pesante fraintendimento, dato che tale proposta, nella sua formulazione attuale, autorizza di fatto l’eutanasia, espressamente esclusa invece da Papa Francesco come dal costante magistero della chiesa, che non può che tutelare la dignità inviolabile della vita umana”.
Bergoglio non interviene nel dibattito sulla legge in discussione benché di fatto non vi si opponga. “A mio avviso – dice il presidente dell’Associazione medici cattolici italiani, Filippo Boscia – non c’era bisogno di una legge sul biotestamento ma bisognava soltanto risottolineare i compiti e le qualità delle azioni del medico. Ai promotori della legge dico che nessuna norma può definire con esattezza e completezza tutti i compiti e tutte le azioni che spettano al medico e che sono riferite al prendersi cura della persona e della sua fragilità”. Quanto al discorso di giovedì mattina davanti ai medici, aggiunge il prof. Boscia, “ho ritrovato nelle parole del Papa sapienza e saggezza e ripresa coerente e ferma di quanto da tempo immemorabile è scritto e riportato nel Magistero della chiesa. Papa Francesco lo ha fatto, com’è nel suo stile, con parole forti, estremamente comprensibili e non equivocabili”.