La mucca in chiesa e il terrore del vescovo per l'opinione pubblica mainstream
Arte discutibile, Golgota naif e pastori timidi
Roma. Per capire lo stato del cattolicesimo a certe latitudini europee basterebbe il commento di una signora che ha visitato la mostra “La vacca sacra” dell’artista Tom Herck allestita nella chiesa – ancora consacrata – di Kuttekoven a Looz, in Belgio: “I cattolici non devono sentirsi offesi. Come Gesù morì sulla croce anche questa mucca è morta sulla croce per i peccati rappresentati dai nostri rifiuti e dall’inquinamento ambientale”. Una lettura un po’ troppo stiracchiata e personale dell’enciclica Laudato si’, verrebbe da dire. Herck, rispondendo alle critiche della dozzina di fedeli che domenica scorsa, cartelli e rosari in mano, hanno occupato il luogo sacro chiedendo la rimozione dell’allestimento, ha spiegato che il bovino crocifisso intende essere una denuncia contro “l’odierna industria agroalimentare” e che non c’è alcun intento anticattolico nell’opera artistica. Che la mucca sia appesa alla croce proprio davanti all’altare è un dettaglio che nulla avrebbe quindi di sacrilego.
Più che con Herck, però, nel mirino del gruppo di fedeli che chiede di porre fine alla “satanica blasfemia”, è finito il vescovo di Hasselt, mons. Patrick Hoogmartens, che prima ha lasciato fare e poi – avuta notizia della protesta montante con occupazione dell’edificio di culto – ha fatto pubblicare dalla diocesi un comunicato con cui prende le distanze dalla mostra: “Abbiamo sempre voglia di collaborare a progetti artistici, e siamo in grado di apprezzare l’umorismo. Ma una mucca in croce è un passo troppo lungo. Il significato di un simbolo qual è la croce non può essere deviato, altrimenti potrebbe essere offensivo o ridicolo”. Troppo poco e troppo tardi, a sentire Dries Goethals, direttore del Katholiek Forum locale: “Siamo delusi dal vescovo. Non ha fatto nulla per questa cosiddetta opera d’arte perché vuole evitare il conflitto, è terrorizzato dai media, così siamo venuti qui a pregare perché il cattolicesimo è disonorato” . Ecco il punto: il terrore di un esponente della gerarchia per il giudizio dell’opinione pubblica, per i mass media pronti a crocifiggere lui se avesse negato una chiesa (consacrata o sconsacrata non fa differenza) a un artista popolare e dai gusti così moderni e sconcertanti.
La chiesa in Belgio è fragile, le chiese – anche quelle che avrebbero qualcosa da dire a livello architettonico e storico – sovente sono trasformate in mercati o in piste da ballo, i preti sono pochi e i praticanti ridotti a cifre infinitesimali, tant’è che il catechismo non s’insegna quasi più. Lo stillicidio mediatico durato diversi anni sulla questione pedofilia ha poi fatto il resto. Dal sequestro del computer del cardinale Godfried Danneels fino alla profanazione delle tombe dei cardinali arcivescovi di Bruxelles Van Roey e Suenens, con la polizia giudiziaria che – nell’ambito della “Operazione chiesa” – cercava prove degli abusi nelle bare dei porporati morti da decenni. E poi le torte in faccia a mons. André Léonard, l’arcivescovo della capitale belga oggi emerito considerato troppo conservatore per quella terra dominata dalle spinte verso il progresso anche in fatto di morale. Con la prospettiva di essere a sua volta fatto passare nel tritacarne mediatico, era impensabile che il vescovo Hoogmartens facesse come Albino Luciani nel 1967, quando (da vescovo di Vittorio Veneto) davanti alla ribellione popolare per l’arrivo di un parroco non gradito, si presentò nel paese di Montaner senza avvertire nessuno, entrò in chiesa, levò le ostie consacrate dal tabernacolo e se ne andò, proibendo a qualunque sacerdote di celebrare messa o amministrare i sacramenti (pena sospensione) in quel luogo. Cinquant’anni dopo, davanti a una mucca crocifissa davanti all’altare, si spiega che pur essendo qualcosa che ha a che fare con l’umorismo, il Golgota naïf di Herck è un po’ troppo azzardato. Il segno dei tempi.