Il Vaticano lancia la app per aiutare i preti a preparare omelie sensate
Il Papa l'aveva detto: "Basta con le prediche incomprensibili"
Roma. Il cardinale Tomas Spidlik era ironico fino a un certo punto quando diceva che “il motivo per cui la chiesa ha posto il Credo dopo l’omelia è per invitarci a credere nonostante ciò che abbiamo ascoltato”. In effetti, è sufficiente concedersi un tour in qualche parrocchia italiana, europea, americana, asiatica e africana. Di prediche se ne salvano poche, vittime della verbosità del celebrante di turno che – per dirla con il professor Adriano Zanacchi, autore qualche anno fa dell’utile libricino Salvare l’omelia (Edb) – ha la tentazione di “parlare per immediata ispirazione confidando indebitamente nello Spirito Santo come surrogato della dovuta preparazione”.
In piena stagione bergogliana, con il Papa che le omelie le fa per punti, alla maniera dei gesuiti, e controlla bene i tempi, ecco che dal Vaticano arriva un aiuto per tutti i preti: una app – per ora disponibile solo su Google play store ma presto anche per i dispositivi Apple, fa sapere l’Osservatore Romano – che aiuterà i poveri sacerdoti a preparare l’omelia domenicale. Un secolo e qualche decennio fa, il curato d’Ars meditava i brani biblici e i santi evangeli nel freddo notturno della sua canonica, spesso sdraiato a terra, studiando e ripassando le vite dei santi. Ora si punta sulle tecnologie avanzate. Il supporto si chiama Clerus-App, applicazione preparata dalla congregazione per il Clero in collaborazione con la sempre più attiva segreteria per la Comunicazione guidata da mons. Dario Edoardo Viganò. Lo strumento, si fa sapere da oltretevere, è “agile” ed è sì destinato “in primo luogo ai parroci e ai sacerdoti, ma anche a tutti quanti vogliono avere a disposizione settimanalmente un commento alla parola di Dio del giorno festivo”. Insomma, niente più voli pindarici dei celebranti, così presi da mille incombenze burocratiche e le tante parrocchie da amministrare da non avere il tempo necessario per fare discernimento sulle letture proprie dell’Anno liturgico.
La app – al momento solo in italiano ma presto saranno aggiunte anche altre lingue – darà la possibilità di ascoltare “alcuni suggerimenti omiletici”, di inserire note nel testo, di aggiungere qualche appunto, di archiviare i commenti e di scaricare e salvare i contenuti in modalità offline. Le omelie sono curate dal padre gesuita Marko Ivan Rupnik, teologo divenuto celebre come artista: sono suoi i mosaici della cappella Redemptoris Mater in Vaticano e delle basiliche di Fatima e San Giovanni Rotondo. Suo, poi, è il logo del Giubileo della misericordia del 2016, con il padre che si carica in spalle l’uomo smarrito. Idea di successo, i download sono molti e c’è pure chi online si lamenta per non essere riuscito a scaricare l’app nonostante decine di infruttuosi tentativi.
Il progetto non è estemporaneo. Papa Francesco l’ha scritto nella Evangelii gaudium, la summa del pontificato: l’omelia “deve essere breve ed evitare di sembrare una conferenza o una lezione. Il predicatore può essere capace di tenere vivo l’interesse della gente per un’ora, ma così la sua parola diventa più importante della celebrazione della fede”. In una delle sue prime uscite ufficiali fuori dale mura del Vaticano (era l’ottobre del 2013), incontrando il clero e le persone di vita consacrata, Bergoglio ad Assisi parlò proprio delle prediche non preparate: “Penso al sacerdote. Come può predicare se prima non ha aperto il suo cuore, non ha ascoltato, nel silenzio, la Parola di Dio? Via queste omelie interminabili, noiose, delle quali non si capisce niente”. Parole sante, avrebbe convenuto Yves Congar, che qualche decennio fa osservava, tutto sommato ottimista, che “in Francia, nonostante oltre trentamila prediche ogni domenica, c’è ancora fede”.
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