L'apertura del Consiglio episcopale permanente (foto LaPresse)

La chiesa alle urne

Vinca chiunque ma non i populisti. Così i vescovi si preparano alle elezioni

Matteo Matzuzzi

Dalla Cei nessuna linea ufficiale in vista del voto, solo raccomandazioni sui temi cari ai presuli. Gli endorsement isolati

Roma. Cinque anni fa c’era poco spazio per le interpretazioni: il voto va dato “a chi difende la famiglia, il matrimonio tra uomo e donna, la sacralità della vita dal concepimento al suo termine naturale”, diceva mons. Claudio Giuliodori, all’epoca presidente della commissione Cei per la Cultura e le Comunicazioni sociali e oggi assistente ecclesiastico dell’Università Cattolica. Da allora le cose si sono fatte più complesse. C’è un altro Papa, la Conferenza episcopale italiana ha cambiato i suoi vertici, più d’un governo s’è acquartierato a Palazzo Chigi e più d’un terzo dei vescovi è cambiato. “Oggi i pastori sono tanti Quinto Fabio Massimo, il temporeggiatore”, dice uno di loro: “Attendono di capire cosa accadrà, chi sarà l’interlocutore”. Di certo, la Cei non si esprimerà, non è più l’epoca dei pronunciamenti ufficiali, della linea data ai fedeli elettori. Conta la realpolitik, e con un sistema tripolare che vede i cattolici presenti in ogni schieramento, è inutile prendere posizione. Gli eventuali endorsement – si presume davvero pochi – saranno tutti a titolo personale. Chi l’ha già dato è mons. Oscar Cantoni, il vescovo di Como che al Te Deum cantato in cattedrale lo scorso 31 dicembre ha detto che “mancare al voto è da considerarsi un vero e proprio peccato di omissione, che non fa altro se non delegare in bianco, senza compromettersi responsabilmente”. Ancora, ha aggiunto, “nemmeno i leader populisti possono assumere le responsabilità di governo sfruttando le rabbie e le paure della gente, a causa di promesse di cambiamento seducenti, quanto irrealistiche”. La Lega nord, che governa la città, l’ha presa male, raccomandando al presule di occuparsi di religione e non di politica. E se proprio vuole, si ispiri a mons. Alessandro Maggiolini, suo predecessore su quella cattedra. Irritazione pari a quella di Filippo Nogarin, il sindaco grillino di Livorno che dopo l’alluvione che colpì la città toscana lo scorso settembre replicò a brutto muso a mons. Simone Giusti che aveva criticato la gestione dell’emergenza: “Il vescovo dovrebbe fare il vescovo e occuparsi delle anime delle persone, invece spesso e volentieri si occupa di cose che non sono di sua competenza”.

 

La liaison con il Movimento 5 stelle

 

Luna di miele con il Movimento 5 stelle finita, verrebbe da dire. E non solo per il richiamo all’ordine che Nunzio Galantino, segretario generale che più d’uno spiffero dà in uscita dal quartier generale sull’Aurelia, pronunciò nei riguardi di Avvenire dopo l’intervista a Beppe Grillo: “Ero irritato. Come cattolico e come lettore. Non ne sapevo nulla”, avrebbe detto mesi dopo in un colloquio con il Corriere della Sera.

 

A ogni modo, le cose di cui la politica dovrebbe occuparsi ora, secondo la Cei, sono note: lo ius soli, la famiglia, la povertà e da ultimo la resistenza – un po’ tardiva – all’applicazione della legge sul biotestamento (se ne saprà di più dopo il Consiglio permanente in calendario a fine gennaio). E poi c’è il ruolo dei laici da rilanciare. Il neopresidente dei vescovi, il cardinale Bassetti, diceva all’house organ Avvenire che “c’è chi accusa la chiesa di aver voluto cattolici impegnati nella politica e nel sociale eterodiretti, ossia mossi dai vescovi. Non desideriamo – precisava – laici che facciano la coda davanti ai palazzi vescovili o, come ha detto il Papa, che siano ‘baciapile’ o più clericali del clero. C’è bisogno di cattolici responsabili che siano ponte fra la chiesa e la società. Ma perché ciò si realizzi occorrono coscienze ben formate”. Più d’un presule, negli ultimi tempi, ha invocato una svolta su questo fronte, notando che le coscienze più che ben formate appaiono sovente addormentate. Da qui il richiamo di mons. Cantoni a votare, perché “non deve essere il partito dei rinunciatari a prevalere”. Proprio ora poi che, come ha detto l’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, fino allo scorso maggio presidente della Cei, “si respira un’aria di fiducia, di voglia di partecipare e di costruire”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.