Il papa emerito Benedetto XVI (foto LaPresse)

Il rapporto tra fede e politica spiegato da Ratzinger con Solgenitsin e Chagall. Un libro

Matteo Matzuzzi

Dal discorso alla Westminster Hall al dialogo con Jürgen Habermas. Impressioni, fino alla prefazione dell'ultimo libro di Marcello Pera. Impressioni, valutazioni storiche e teologiche, appunti e confutazioni in rigoroso stile ratzingeriano

Roma. Scrive Papa Francesco che “il rapporto tra fede e politica è uno dei grandi temi sempre al centro dell’attenzione di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI e attraversa l’intero suo cammino intellettuale e umano. E così, con un salto di trent’anni, egli ci accompagna alla comprensione del nostro presente, a testimonianza dell’immutata freschezza e vitalità del suo pensiero. Oggi più che mai – continua il Pontefice ella prefazione al volume Liberare la libertà. Fede e politica nel terzo millennio edito da Cantagalli – si ripropone la medesima tentazione del rifiuto di ogni dipendenza dall’amore che non sia l’amore dell’uomo per il proprio ego, per “l’io e le sue voglie”.

 

La freschezza e l’attualità del pensiero di Joseph Ratzinger emergono chiaramente scorrendo le oltre duecento pagine che Pierluca Azzaro e Carlos Granados hanno messo insieme in quello che è il secondo volume dei testi scelti del Papa emerito sul tema fede e politica. Il libro si apre con un inedito – che il Foglio pubblica in ampie parti in questa pagina –, il commento che Benedetto XVI fece all’ultimo libro di Marcello Pera, Diritti umani e cristianesimo. La Chiesa alla prova della modernità pubblicato nel 2005. Impressioni, valutazioni storiche e teologiche, appunti e confutazioni in rigoroso stile ratzingeriano. Dio e il mondo, i diritti umani e il destino del cristianesimo, lo “sviluppo spirituale dell’occidente che nega sempre più i suoi fondamenti cristiani e si volge contro di essi”. Osservazioni puntuali e argomentate, ché il Papa emerito è abituato a leggere i libri prima di recensirli – ammesso che ritenga i libri donatigli degni di essere letti e recensiti.

 

E’ il libro dei grandi e celebri discorsi politici di Benedetto XVI, da quello pronunciato alla Westminster Hall sul “fondamento etico delle scelte politiche” a quello letto dinanzi all’assemblea del Bundestag tedesco. Quindi i dialoghi: prima con Jürgen Habermas su ragione e fede per un’etica comune, quindi con Paolo Flores d’Arcais sull’esistenza di Dio. Ma ci sono anche le riflessioni del Papa emerito sulla storia, sui cristiani di fronte ai totalitarismi, sulla teologia della politica di Agostino e la verità. Commentando il processo a Gesù davanti a Pilato, Ratzinger scrive che “la pace fu per lui (Pilato, ndr) più importante della giustizia. Doveva passare in seconda linea non soltanto la grande e inaccessibile verità, ma anche quella concreta del caso: credette in questo modo di adempiere il vero senso del diritto, la sua funzione pacificatrice. Così forse calmò la sua coscienza. Per il momento tutto sembrò andar bene. Gerusalemme rimase tranquilla. Il fatto, però, che la pace, in ultima analisi, non può essere stabilita contro la verità, doveva manifestarsi più tardi”.

 

 

 

Nel capitolo sulla vera e falsa redenzione, Benedetto XVI invita il lettore a seguire Solgenitsin: “Se con realismo percorriamo lo spazio della nostra vita e delle sue domande, ci imbattiamo in un altro ambito che non può essere tralasciato. Aleksandr Solgenitsin gli ha dato voce in Reparto C con la passionalità che gli è propria: ‘Insomma, che cosa ripetiamo per tutta la vita all’uomo’, scrive. ‘Sei un membro del collettivo!’. Giusto. Ma questo vale finché egli è vivo. Quando arriverà l’ora di morire, il collettivo l’abbandonerà. La solitudine della morte e del dolore, nota il Papa emerito, “mette solo in luce quello che vale in tutta la vita. Quando la morte non ha alcun senso, anche la vita diventa fragile. Quando il dolore non ha alcuna risposta, l’uomo è abbandonato proprio in quel punto in cui in realtà iniziano le sue domande”. Per spiegare la redenzione per mezzo della croce, Ratzinger chiama in causa Marc Chagall, dalle cui opere il crocifisso “scompare per 25 anni buoni e ricompare di nuovo solo nel 1937 con un significato mutato, approfondito. Il Trittico della crocifissione composto in quell’anno ha una singolare anticipazione in un’altra immagine tripartita che più tardi Chagall distrusse e della quale tuttavia esiste ancora lo schizzo a colori a olio. L’opera è intitolata ‘Rivoluzione’ (foto sopra)”. Spiega Benedetto XVI che “non è necessario chiedersi fino a che punto Chagall si sia voluto avvicinare di proposito all’interpretazione cristiana dell’Antico Testamento, della storia e in più generale dell’uomo. Indipendentemente da tutto questo, chi veda i due dipinti l’uno accanto all’altro ne potrà ricavare una decisiva affermazione cristiana”.

Di più su questi argomenti:
  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.