Scazzottata tra il cardinale Raymond Burke e Marco Tarquinio sulle pagine di Avvenire
Botta e risposta tra il porporato e il numero uno del quotidiano della Cei a causa di un commento del teologo polemista e rubrichista Gianni Gennari
Roma. Cardinale contro direttore di giornale e direttore di giornale contro cardinale. Il tutto sulle austere colonne di Avvenire, il giornale della Conferenza episcopale italiana. I protagonisti della vicenda sono Raymond Leo Burke e Marco Tarquinio. A prendere la penna è il cardinale americano, considerato il capofila dell'ala conservatrice più intransigente nei confronti del pontificato di Francesco, che protesta per un articolo del teologo, polemista, giornalista ed ex sacerdote Gianni Gennari, titolare di una rubrichetta periodica sul quotidiano cattolico che passa al setaccio gli articoli altrui spesso stroncandoli se troppo conservatori o non in linea con il suo pensiero “riformista”. Solo qualche settimana fa Tarquinio aveva dovuto rispondere a una lettera di protesta dell'editore David Cantagalli, sempre per quanto Gennari aveva scritto a proposito di alcune frasi sulla “eresia” che sarebbero state pronunciate nell'ambito di un convegno in cui era presente lo stesso Cantagalli.
Stavolta, è il turno di un cardinale: “Ho appreso con vivo stupore e profondo rammarico – scrive Burke – della rubrica di Gianni Gennari, del 10 aprile scorso dal titolo “Accuse arcigne e ciarliere da ciechi e guide di ciechi” che mi vede protagonista. Nella specie, il giornalista, che avrebbe attinto la notizia de relato dal Fatto quotidiano, e che non si sarebbe informato, quindi, in prima persona dei fatti e dei testi richiamati, evocava il convegno, svoltosi a Roma lo scorso 7 aprile al quale partecipavo come relatore, affermando che il sottoscritto avrebbe parlato 'della chiesa di oggi come se stesse attraversando il tempo dell’Anticristo, riferendosi a esso con citazione del par. 675 del Catechismo della Chiesa cattolica, lasciando il sospetto che quella prova finale sia in qualche modo già anche oggi vissuta all’interno della chiesa, anche se per fortuna alla fine vincerà il Giudizio di Dio'. Ciò che mi amareggia – scrive Burke – è che si sia espresso un giudizio sulla mia relazione al convegno, Chiesa cattolica, dove vai?, svoltosi a Roma lo scorso 7 aprile, senza averne per nulla letto – verosimilmente – il testo nel quale mi soffermavo sul tema della plenitudo potestatis del Romano Pontefice al servizio dell’unità della Chiesa, con una riaffermazione della dottrina canonistica sul potere del Papa e sui limiti di questo potere. Nel mio intervento – aggiunge il cardinale – dell’Anticristo non facevo alcun cenno, nemmeno implicito, anche perché estraneo all’oggetto del mio discorso in quella sede. Del pari assenti riferimenti espliciti o impliciti al contenuto del par. 675 del Catechismo della chiesa cattolica”.
Pronta la risposta del direttore Tarquinio, che prima difende Gennari – “Il richiamo di Gianni Gennari a sue dichiarazioni 'apocalittiche' con tanto di citazione del par. 675 del Catechismo, relativo alla 'massima impostura religiosa', quella dell’Anticristo, non è de relato, ma assolutamente verificato, basato sulla lettura di parole sue o a lei attribuite e da lei non smentite” – quindi risponde che Gennari non ha mai scritto che lei ne abbia parlato nel convegno del 7 aprile, ma in contemporanea. Infatti in contemporanea al convegno del 7 aprile – per l’esattezza il 5 aprile, 'lanciando' proprio quell’appuntamento a Roma – lei ha rilasciato un’intervista a un sito online italiano. Un’intervista che detrattori del Papa e dei cammini ecclesiali avviati dal Concilio Vaticano II hanno non solo applaudito, ma prontamente ripreso ed enfatizzato in diverse parti del mondo. E' questa catena anti-conciliare e anti-papale che Gennari, parlando di 'ciechi e guide di ciechi', definisce 'rete tradizionalista arcigna e ciarliera'. Ed è in quell’intervista che lei parla in termini apocalittici della vita della Chiesa, cita la 'prova finale', evoca l’'apostasia della verità' e spiega anche la via migliore alla 'correzione' del 'Romano Pontefice'. Forse dovrebbe indirizzare la sua richiesta di 'pubblica correzione' non a noi che abbiamo riferito e commentato la sua intervista, ma a chi le ha messo in bocca affermazioni e intenzioni che lei disconosce, se le disconosce. C’è però dell’altro – aggiunge Tarquinio – me ne rendo conto. In chiusura di questa lettera, eminenza, lei sostiene che un’amara riflessione critica su ciò che lei stesso ha dichiarato – o che le è stato attribuito e che lei sinora non ha smentito – e che viene purtroppo utilizzato da detrattori del Papa e della chiesa è una critica inaccettabile perché è da considerarsi un attacco alla sua persona e alla sua porpora e, dunque, per proprietà transitiva, un attacco alla chiesa cattolica. Se questo è il metro che lei, da esperto canonista, dichiara giusto le chiedo scusa nella mia responsabilità di direttore, perché amo troppo la chiesa per offenderla”. Ma il direttore di Avvenire contesta anche i famosi Dubia presentati al Papa ormai anni fa e firmati da Burke, Meisner, Caffarra e Brandmüller, arrivando a parlare di “dubbi senza fondamento”.
“Usando il suo stesso metro – osserva Tarquinio – però, mi chiedo a mia volta pubblicamente come si potrebbero allora definire certe critiche asfissianti e senza fondamento, certi enfatizzati 'dubbi' che su media vecchi e nuovi vengono agitati senza carità e senza verità, certi attacchi persino volgari che – anche usando le parole di quella sua intervista a tutt’oggi non smentita – vengono portati contro Francesco, che della chiesa è il Papa. Chi si scuserà per aver alimentato, anche attraverso una 'rete arcigna e ciarliera' distesa attraverso internet, confusione e divisione nella chiesa e contro il Successore di Pietro? Chi riparerà, e come?”.