Indagine sul “vuoto dentro”
Crollano le roccaforti. È il tramonto dell'Europa cattolica
Irlanda, Baviera, Francia, Austria, Spagna: quasi espugnate anche le ultime ridotte. Resiste solo la Polonia. Quando Ratzinger disse: "C'è una città europea dove i cristiani sono soltanto l'otto per cento della popolazione"
Dal 1995 a oggi, il numero di sacerdoti attivi in Irlanda è diminuito del 43 per cento. E tre su quattro avranno più di 60 anni nel 2030
Cinque anni fa, l’arcivescovo e primate d’Irlanda, Diarmuid Martin, pubblicò un articolo intitolato “Un’Irlanda post-cattolica?”. Martin vi prefigurava uno scenario in cui “il cattolicesimo è stato spodestato”. Si direbbe che quello scenario oggi si è quasi avverato, a giudicare dalla veduta aerea del Parco Phoenix di Dublino, dove Papa Francesco ha presenziato all’ultimo giorno della sua storica visita nel paese. E’ lo stesso parco in cui un altro Papa, Giovanni Paolo II, si presentò quarant’anni fa. Un lasso di tempo molto breve. Per Wojtyla, arrivarono 1,2 milioni di persone. Dublino aveva le vie deserte. Un terzo di tutti gli irlandesi si era riversato sull’immenso parco della capitale. Per Papa Bergoglio, appena in 120 mila, di cui seimila operatori della pubblica sicurezza. E avevano venduto mezzo milione di biglietti. Meno di un terzo si è presentato. E’ un decimo della presenza che ci fu nel 1979 per Giovanni Paolo II. Ed eravamo in Irlanda. Se lo stesso evento fosse stato organizzato in un altro paese europeo, avremmo visto forse un parco ancora più spoglio.
Vaste aree dell’Europa sono oggi già completamente risucchiate dalla secolarizzazione e sono in via definitiva di scristianizzazione: Olanda, Belgio, Inghilterra, Svizzera, tutti i paesi scandinavi, Repubblica Ceca, per citarne soltanto alcuni. Nazioni praticamente già “perse” per il cattolicesimo e dove il fervore religioso è riservato a pochi anziani e all’islam. Ma un fenomeno forse più grave, e meno conosciuto, sta colpendo anche le famose ridotte del cattolicesimo.
L’Economist ha titolato “Il vuoto dentro. Il cattolicesimo si sta svuotando nelle sue tradizionali roccaforti europee”. Lo sguardo che il Papa ha distolto dall’Europa, per rivolgerlo invece alle periferie, appare strategico. “Oggi la Repubblica democratica del Congo ha lo stesso numero di cattolici dell’Austria e della Germania messe insieme”, ha scritto John Allen su Foreign Policy.” E l’India ha più cattolici di Canada e Irlanda messi insieme”. Come si misura il “vuoto” di cui parla l’Economist? Dal numero delle vocazioni, dalla frequenza alla messa, dall’accorpamento delle parrocchie e delle diocesi. E il trend appare molto chiaro ovunque nei paesi che erano sempre stati assegnati di default all’emisfero cattolico.
In Lussemburgo, piccola enclave un tempo interamente cattolica nel cuore dell’Europa, le parrocchie scenderanno da 274 a 33
Nel 2001 l’allora cardinale Joseph Ratzinger parlò in termini spietati delle terribili implicazioni della contrazione della fede in Europa. E pose domande radicali sulla sostenibilità dell’identità dell’Europa: “Per incominciare: la chiesa si ridurrà numericamente?”, disse Ratzinger a Peter Seewald. “Quando ho fatto questa affermazione, mi sono piovuti da tutte le parti rimproveri di pessimismo. E oggi tutti i divieti paiono caduti in disuso, tranne quello riguardante ciò che viene chiamato pessimismo e che spesso non è altro che sano realismo. Nel frattempo i più ammettono la diminuzione della percentuale di cristiani battezzati nell’Europa di oggi. In una città come Magdeburgo la percentuale dei cristiani è solo dell’otto per cento della popolazione complessiva, comprendendo – si badi bene – tutte le confessioni cristiane. I dati statistici mostrano tendenze inconfutabili”. Sono trascorsi diciassette anni da quella intervista e i dati statistici da allora sono quasi ovunque crollati a picco.
Nel 2015, l’Irlanda è diventata il primo paese al mondo ad approvare il matrimonio omosessuale con un voto popolare. E in maggio l’Irlanda ha spazzato via tramite referendum anche un divieto di aborto fra i più restrittivi al mondo. “Illustra bene quanto rapida sia stata la secolarizzazione irlandese”, ha detto la scorsa settimana al Washington Post Crawford Gribben, professore di Storia alla Queen’s University di Belfast. La frequenza in chiesa si è inaridita. “Si può vedere in una mattina di domenica nelle parrocchie di tutto il paese, dove sacerdoti anziani presiedono file polverosi di banchi e distribuiscono l’Eucaristia con mani tremanti a una fila di pensionati”, ha commentato il Washington Post. “I segni del declino religioso sono ovunque. Il paese elogiato da un Papa nel 1961 come il più fecondo produttore di preti cattolici, oggi vede quei ranghi assottigliarsi rapidamente. Quest’anno, solo sei giovani sono entrati nel seminario nazionale presso il Collegio di St. Patrick a Maynooth a studiare per il sacerdozio”. Secondo l’Irish Times, “è il numero più basso dalla sua fondazione nel 1795”.
In quindici anni, il numero di seminaristi in Spagna è diminuito del 27 per cento. La metà delle parrocchie non ha un sacerdote fisso
Si prevede che le presenze settimanali alla messa nell’arcidiocesi di Dublino scenderanno di un altro terzo nei prossimi quindici anni, mentre il numero di sacerdoti che servono nelle parrocchie diminuirà del sessanta per cento. “E questa è la proiezione più ottimistica”, scrive l’Irish Times. Una relazione preparata per il Consiglio dei sacerdoti di Dublino da consulenti esterni osserva che i tre quarti dei sacerdoti avranno più di sessant’anni entro il 2030. Il rapporto ha rilevato anche che dal 2000 il tasso di matrimoni cattolici nell’arcidiocesi sta crollando a un tasso annuo del quattro per cento. A novembre, l’Associazione dei preti cattolici ha rivelato che dal 1995 il numero di preti cattolici attivi in Irlanda è diminuito del 43 per cento, da 3.550 a 2.019. In tutto, ora ci sono circa ottanta uomini che si preparano per diventare sacerdoti nel seminario nazionale. Solo nel 1990, quel numero era di 525. La diocesi di Clogher in Irlanda ha raggruppato 37 parrocchie in 14 “aree pastorali”.
Come ha spiegato Jason Horowitz sul New York Times in un dettagliato resoconto pubblicato a maggio, i bastioni del cattolicesimo europeo stanno venendo già uno a uno. “Nel Lussemburgo completamente cattolico il governo, guidato da un premier gay, ha abolito l’insegnamento religioso nelle scuole statali. Soltanto un cattolico su cinque va a messa in Spagna e molte delle 68 diocesi del paese non riportano ammissioni al seminario. Nell’Italia tradizionalmente cattolica, fino al 40 per cento delle parrocchie cattoliche è gestito da clero di origine straniera”. L’arcidiocesi cattolica del Lussemburgo riduce le sue 274 parrocchie a sole 33.
“La fede è evaporata”, ha detto Friedrich Wetter, subentrato a Ratzinger come arcivescovo di Monaco, dove c’è un solo candidato al sacerdozio
In Francia nel 2018 saranno ordinati 114 sacerdoti: nel 2017 erano stati 133. 58 diocesi non avranno neanche un’ordinazione
Il cattolicesimo spagnolo, che era uno dei più saldi in Europa, è ancora tramortito dalle guerre ideologiche degli anni di Zapatero e, da allora, è praticamente silente, menomato, incapace di risalire la china di una secolarizzazione travolgente. Non solo metà delle parrocchie spagnole sono ora prive di sacerdoti, ma anche l’età media dei chierici è salita a quasi 65 anni. Nel 2016 sono stati ordinati 138 sacerdoti nelle settanta diocesi in Spagna, rispetto ai 150 ordinati l’anno precedente. Ricardo Blázquez, presidente della Conferenza episcopale, ha avvertito pochi mesi fa: “Se diversi decenni fa l’abbondanza di sacerdoti era straordinaria, attualmente è la scarsità a essere straordinaria”.
Nella Castilla y León ci sono più di cinquecento villaggi in cui i parrocchiani non possono partecipare alla messa se non salgono in auto. Non è un problema nuovo: nel 2002 era già uscita la notizia che un villaggio di León, Cebrones del Río, di quasi settecento abitanti, era stato lasciato senza la messa per la festa di Ognissanti. I dati sui seminaristi della Conferenza episcopale spagnola sono impietosi: nel 2002 in Spagna c’erano 1.736 seminaristi sparsi in tutto il paese, il crollo è stato continuo da allora e nel 2018 i seminaristi sono scesi a 1.263. In totale, negli ultimi quindici anni il numero di seminaristi è diminuito in Spagna del 27 per cento, sebbene il dissanguamento si sia stabilizzato dal 2009, quando è stato registrato il minimo storico. Negli ultimi anni, come le parrocchie, sono stati rinforzati con sacerdoti stranieri. Un totale di 109 sacerdoti è stato ordinato in Spagna nel 2017, il 21 per cento in meno rispetto al 2016. Uno studio finanziato dalla chiesa ha dimostrato che, delle 23.286 parrocchie in Spagna, non meno di 10.615 non avevano sacerdoti permanenti.
Chiesa abbandonata a Newington Bagpath
L’Austria passerà da 660 a 150 parrocchie. “E’ inutile nascondere la testa sotto la sabbia”, dicono dall’arcidiocesi di Vienna
El País ha raccontato la storia di Teo Nieto, un sacerdote cattolico. “Essere un prete in Spagna non è più quello di una volta”. Compie in auto una media di 138 chilometri al giorno per dire messa in tutte le parrocchie sotto la sua guida. Il sacerdote fa sei messe ogni fine settimana, due il sabato e quattro la domenica, insieme ad altre sei durante la settimana, per un totale di 624 messe all’anno. “Il suo destino è tutt’altro che insolito nella Spagna centrale: a Salamanca, Cuenca, Segovia e Burgos, i parroci coprono molta strada. Un altro fattore è che la Spagna sta diventando più laica. Nel 2000, sette matrimoni su dieci sono stati celebrati in chiesa, mentre nel 2015 il numero è sceso a tre su dieci. Dei bambini nati nel 2013, è stato battezzato il 21 per cento in meno rispetto al 2005, secondo la chiesa cattolica”.
A Utrecht, “capitale” dei cattolici nell’Olanda scristianizzata, un piano per fondere le parrocchie: passeranno da 326 a 48
Il sud dell’Olanda, ultima ridotta del cattolicesimo in quel paese consegnatosi all’ateismo, è quasi perso. Ma già la visita in Olanda nel 1985 di Giovanni Paolo II aveva mostrato tutto questo. Le strade di Utrecht, capitale dei cattolici olandesi, erano vuote quando il pontefice passò in auto. E a Den Bosch, durante la processione, arrivarono appena ottomila persone. Il presidente della Conferenza episcopale olandese, il cardinale Willem Eijk, ha introdotto piani per fondere le parrocchie dell’arcidiocesi di Utrecht da 326 a 48.
Persino la regione che ospita il santuario mariano più noto al mondo, Lourdes, è quasi ormai interamente scristianizzata. Avignone, la città dei Papi, è oggi nota come “la città dei salafiti”, una delle città francesi a maggior tasso di islamizzazione. Della Francia “figlia prediletta della chiesa cattolica” resta soltanto un flebile ricordo. La rivista Esprit di recente ha spiegato che ci sarà “una chiesa ultra-minoritaria in una società scristianizzata”. Nella diocesi di Evreux, il cristianesimo ha fatto parte del tessuto della vita per quindici secoli. Dei suoi 600 mila abitanti, circa 400 mila potrebbero definirsi, almeno in modo approssimativo, “cattolici”. Ma ha solo sette preti con meno di quarant’anni.
A ben guardare, il cattolicesimo francese si sta frammentando dal momento che il centro regge a malapena. La Francia sta assistendo a un numero sempre più basso di ordinazioni sacerdotali. Secondo le cifre appena pubblicate da La Croix, “nel 2018 verranno ordinati 114 nuovi sacerdoti. Si tratta di un calo significativo rispetto al 2017, quando furono ordinati 133 sacerdoti. Il declino è abbastanza netto a Parigi, con sei ordinazioni, quando ne aveva avute dieci un anno fa e undici nel 2016. Ci sono anche 58 diocesi che quest’anno non avranno un’unica ordinazione”.
La Croix spiega anche che le diocesi francesi perderanno in media un quarto dei preti attivi entro il 2024. A Nantes, i sacerdoti diminuiranno della metà, da 148 a 75, e a La Rochelle passeranno da 104 a 45. Nel 2016, c’erano poco meno di sedicimila sacerdoti in Francia. Ogni anno sono circa ottocento le morti naturali nel clero. Data la tendenza demografica inevitabile, la Francia avrà seimila sacerdoti fra dieci anni. “Al ritmo attuale, tra dieci anni non ci saranno più di 80 preti diocesani contro i 180 attuali”, ha detto il vicario generale della diocesi di Tolosa, Hervé Gaignard.
In Baviera ha chiuso l’ultimo convento delle Brigidine. Erano rimaste soltanto due suore, di cui una in un ospizio
Stessa situazione in Austria, dove le chiese sono ovunque (ce ne sono 42 soltanto a Salisburgo). Ma solo nella diocesi di Vienna ormai ben un quarto dei fedeli cattolici sono immigrati. “Tutti si rendono conto che non puoi semplicemente nascondere la testa nella sabbia” ha detto a Ncr Michael Prüller, portavoce della grande arcidiocesi di Vienna nell’annunciare la “grande riorganizzazione”, ovvero la riduzione delle attuali 660 parrocchie dell’arcidiocesi di Vienna a 150. Appena ventidue è il numero dei nuovi sacerdoti in Austria, e di questi soltanto otto sono austriaci, quattro tedeschi, quattro nigeriani, tre polacchi, un americano, un cileno e un vietnamita. In una conversazione pasquale con la stampa, il cardinale Christoph Schönborn ha insistito sul fatto che “la chiesa del popolo non è morta”. Ma uno studio molto citato dall’Istituto di Vienna per la demografia (per conto dell’Accademia delle scienze), spiega che il cattolicesimo è chiaramente in declino e nel breve futuro il numero di cattolici scenderà al di sotto del cinquanta percento. Già nel suo libro del 1990 “Before Infallibility: Liberal Catholicism in Biedermeier Vienna”, Adam Bunnell descriveva così Vienna: “In nessun luogo la presenza del passato è più visibile che nelle chiese viennesi vuote ma comunque ben tenute che si incontrano in ogni angolo. Se le chiese sono ora vuote tranne che per qualche occasione, se il potere della chiesa non è che l’ombra di quello che era una volta, il cattolicesimo rimane parte integrante della coscienza di questo luogo. I viennesi pagheranno l’imposta alla chiesa anno dopo anno, non per visitare le chiese tranne che a Natale o a Pasqua – per il battesimo, il matrimonio o la sepoltura – ma per preservare la tradizione, per conservare il passato, per poter mostrare ai bambini ancora lo splendore e la bellezza in pompa magna”. Dietro la stupefacente facciata barocca, il cattolicesimo austriaco è tuttavia eroso da una crisi senza precedenti.
In tutta la Germania il numero di preti è diminuito di oltre un quarto negli ultimi vent’anni. Nelle 27 diocesi del paese, 76 giovani sono stati ordinati preti diocesani nel 2017, come rivela un’indagine dell’agenzia di stampa cattolica (Kna). Nel 2016 le ordinazioni erano state 82. Nel 1995 ben 186 sacerdoti erano stati consacrati in Germania. Per la prima volta in cento anni, non c’è stata una sola ordinazione nella diocesi di Osnabrück.
Una delle diocesi cattoliche più antiche della Germania, Treviri, passerà da 172 a 35 parrocchie, con una riduzione dell’ottanta per cento come da annuncio a maggio della portavoce, Judith Rupp. Già nel 2007, il settimanale Der Spiegel scriveva che “la chiesa cattolica in Germania sta esaurendo le vocazioni”. Dieci anni dopo, le vocazioni anche nella cattolicissima Baviera sono praticamente finite. Ma non solo. Katholisch.de, il sito ufficiale della chiesa tedesca, ha rivelato che anche la diocesi di Magonza, quella di origine del cardinale conservatore Gerhard Müller, nell’ultimo non ha ordinato nessun sacerdote. Secondo le cifre pubblicate dalla Conferenza episcopale tedesca, mai prima d’ora sono stati ordinati così pochi sacerdoti in Germania. Nel 2015 un totale di 58 uomini sono diventati sacerdoti nel paese. Nell’ultimo decennio, il numero delle ordinazioni si è dimezzato: nel 2005 sono stati ordinati 122 sacerdoti diocesani. Nel 1965, il numero era di cinquecento. La diocesi di Hildesheim nel nord della Germania ha di recente “importato” dodici sacerdoti dall’India per far loro imparare il tedesco e dire messa. Hildesheim, una delle 27 diocesi cattoliche in Germania, ha attualmente 265 sacerdoti, ma ne ha ordinati solo 33 nell’ultimo decennio e solo uno quest’anno.
“La fede è evaporata”, ha detto un malinconico cardinale Friedrich Wetter, subentrato a Ratzinger come arcivescovo di Monaco dal 1982 al 2007. L’arcidiocesi di Monaco ha attirato l’anno scorso un solo candidato al sacerdozio. Lo ha rivelato lo stesso presidente della Conferenza episcopale tedesca, cardinale Reinhard Marx, che ha parlato in una riunione diocesana e ha rivelato il fatto straordinario. In tutta l’arcidiocesi di Monaco di Baviera, terra di origine di Papa Benedetto XVI, oggi ci sono appena 37 seminaristi nei vari stadi di formazione a fronte di circa 1,7 milioni di cattolici. In confronto, la diocesi americana di Lincoln, in Nebraska, ha attualmente 49 seminaristi per circa 96 mila cattolici.
Resta soltanto la Polonia, che esporta preti in tutto il mondo e dove il quaranta per cento della popolazione va ancora a messa
Quando Ratzinger divenne Papa, alla messa di celebrazione nella sua cittadina natale di Traunstein non c’erano più di 75 persone nella chiesa che poteva contenerne mille. Nel 2011 anche la Baviera si svegliò scoprendo che i cattolici per la prima volta erano diventati minoranza anche in quel Land bastione della chiesa romana. Il dato emerse dal bilancio della curia di Monaco e Frisinga: i fedeli erano scesi a 1,77 milioni, il 49 per cento dei residenti. Nel 1987 (l’anno dell’ultimo censimento nell’allora Germania Ovest) il 67,2 per cento dei bavaresi ancora si dichiarava cattolico. E un anno fa, le autorità della chiesa cattolica bavarese hanno chiuso l’ultima abbazia delle monache Brigidine della Germania. Dal 1496, l’ex abbazia benedettina di Altomünster ospitava un ordine religioso femminile. Il Vaticano nel 2015 ne aveva però ordinato la chiusura dopo che il numero delle suore era sceso a due, di cui una era finita in una casa di riposo.
In Europa “resiste” per adesso soltanto la Polonia, dove il quaranta per cento della popolazione va ancora a messa (nel resto dei paesi cattolici questa cifra si aggira dal cinque al dieci per cento). I polacchi sono praticamente tutti battezzati, ed esportano ancora sacerdoti nel resto del Vecchio continente. La Bbc ha riferito che “un quarto di tutti i seminaristi in Europa è polacco”. Nel 2017, la Polonia ha ordinato 323 nuovi sacerdoti, il triplo della Spagna, un altro paese cattolico ma con dieci milioni in più di abitanti. Ha scritto Stephen Bullivant, direttore del Centro Benedetto XVI presso l’Università St Mary di Twickenham che di recente ha curato il più approfondito studio sulla scomparsa dei cattolici in Europa: “La probabilità che un cattolico polacco sulla ventina vada a messa una volta a settimana è 24 volte più grande di quella di un belga. Al contrario, è dieci volte più probabile che un cattolico belga non metta mai piede in una chiesa rispetto a un polacco”. Al di là del giudizio sul merito della manifestazione ai confini polacchi contro “l’islamizzazione dell’Europa” che si è tenuta un anno fa, quel milione di fedeli era qualcosa di mai visto altrove in Europa.
In Irlanda il fenomeno era già noto nel 2004, quando la diocesi di Dublino, la più grande del paese, non aveva pianificato ordinazioni per l’anno successivo. Nel 1970, 750 persone avevano cercato di diventare sacerdoti. Nel 2003, il numero era già sceso a 39. Tutti i seminari in Irlanda tranne uno hanno chiuso. Per la prima volta nella storia non c’erano abbastanza sacerdoti in Irlanda – un paese forgiato nel cattolicesimo – per tutte le sue chiese. Banogue, una piccola parrocchia di Limerick, fu tra le prime a perdere il suo sacerdote a tempo pieno, un fatto che scioccò e lanciò un segnale di avvertimento a tutto il paese e alla chiesa. David Blake, un cattolico di Limerick, disse all’inviato del New York Times che era andato a cercare di capire quella crisi: “E’ un po’ come se stessimo sistemando le sedie a sdraio sul Titanic e non ci rendessimo conto che la nave sta affondando”.