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Un Sinodo senza fede

Charles J. Chaput

Non si rende servizio alla Chiesa e al Papa con il sentimento e la sociologia. Ci scrive Charles J. Chaput, arcivescovo di Philadelphia

Mons. Charles Chaput, arcivescovo di Philadelphia, è considerato la punta di diamante dei cosiddetti “conservatori muscolari”, l’ala dei vescovi americani di pura estrazione giovanpaolina e ratzingeriana. Allo scorso doppio Sinodo sulla famiglia fu tra i più tenaci oppositori di ogni apertura in fatto di comunione ai divorziati risposati; opposizione non taciuta neppure successivamente in commenti e note pubbliche. Questa volta interviene con uno scritto per il Foglio in cui contesta non il Sinodo sui giovani che si aprirà la prossima settimana in Vaticano, bensì l’Instrumentum laboris, lo schema preparatorio che farà da traccia alle discussioni. Critiche che peraltro non sono esclusiva di Chaput, visto che fin dal principio non pochi osservatori notarono un’eccedenza di terminologie sociologiche e “sentimentaliste” in luogo di richiami alla fede. Soprattutto per un Sinodo che nella sua lunga e vaga titolazione ha la fede come punto fermo (“I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”). Non sarà un mese di accese battaglie come quello epico vissuto nel 2014 e nel 2015, ma il terreno per dispute tra padri (compreso fratel Enzo Bianchi, ormai ospite fisso delle assise sinodali), è assai probabile.

 


 

I cattolici americani hanno sempre avuto un amore speciale per la Santa Sede. Due delle ragioni sono ovvie: Roma si trova a 4.500 miglia dagli Stati Uniti, il viaggio era lungo prima che la tecnologia abolisse le distanze e, a differenza di quanto accade in Europa, la Chiesa non ha mai avuto un ruolo dominante nella politica americana, con tutte le conseguenze negative che questo implica.

 

Una terza ragione sono stati gli uomini straordinari che hanno ricoperto la carica di vescovo di Roma negli ultimi sei decenni.

 

Per queste ragioni, quando Papa Francesco ha visitato Philadelphia alla fine del 2015 per l’Incontro mondiale delle famiglie, lo ha accolto quasi un milione di persone. Erano presenti molte famiglie con bambini e adolescenti. In tanti hanno aspettato in fila per ore, sotto il caldo, per effettuare i controlli di sicurezza. Papa Francesco era visibilmente sorpreso e colpito. Ero accanto a lui, l’ho potuto verificare di persona.

 

Dopo tre anni, a causa di un ex cardinale statunitense, a un’inchiesta giudiziaria in Pennsylvania, e agli abusi sessuali in Cile e altrove, la Chiesa è in agitazione. In questo ambiente così turbolento, la Santa Sede ospiterà il Sinodo mondiale dei vescovi a Roma dal 3 al 28 ottobre. L’incontro è focalizzato sui temi “dei giovani, della fede e della ricerca della vocazione”, ma una convergenza di fatti negativi in un momento così critico era difficile da immaginare.

 

Questo non significa che il Sinodo sia destinato a fallire. L’appello personale di Francesco e la buona volontà che riuscirà a generare rimangono forti. Da un punto di vista globale, il messaggio della Chiesa ai giovani ha molti aspetti positivi. Negli Stati Uniti ci sono gruppi come il Fellowship of Catholic University Students (l’Associazione di studenti cattolici universitari, ndr), il Thomistic Institute e altri che hanno un’ottima reputazione tra i ragazzi. Per questo motivo molti giovani preti, come quelli che hanno scritto una lettera aperta sul Sinodo all’inizio del mese, vedono il tema dell’incontro come un’opportunità. Spiegano chiaramente che il successo del Sinodo dipende da una convinzione profonda nel Regno di Dio e nella missione della Chiesa, malgrado i peccati dei suoi leader.

 

I giovani del clero americano che hanno firmato la lettera aperta hanno dato una lezione di fede. Gli uomini che sono diventati preti cattolici in un momento così velenoso e difficile, un momento in cui la reputazione dei vescovi è più bassa che mai, sono o folli o uomini di Dio. Io conosco alcuni di loro. Non sono folli.

 

Quando dicono che “la nostra cultura non può venderci falsi idoli. Solo il Vangelo, vissuto con vigore radicale, può soddisfarci e solo Cristo può rispondere alle difficoltà della nostra generazione”, lo intendono veramente, e agiranno di conseguenza – malgrado lo scetticismo dell’opinione pubblica e dei laici.

 

In virtù della loro fede, e di quella degli uomini e delle donne come loro, l’Instrumentum laboris, ovvero il documento preliminare del Sinodo, va rivisto e corretto. Allo stato attuale, il testo va bene per quanto riguarda le scienze sociali, ma è più debole nel suo richiamo alla fede, alla conversione e alla missione. In un certo senso, questo non è inusuale. Tutti i testi del Sinodo sono provvisori. Vengono discussi e corretti dai padri sinodali. Questo è importante perché nel testo del 2018 mancano degli elementi vitali. Prendendo in prestito le parole di un teologo, il documento sembra soffrire da una serie di “gravi problemi teologici… incluso: una concezione sbagliata della coscienza e il suo ruolo nella vita morale; una falsa dicotomia tra la verità e la libertà, un interesse pervasivo sugli elementi socio-culturali, l'esclusione di tematiche morali e religiose” e “l’assenza della speranza del Vangelo e un trattamento insufficiente dello scandalo degli abusi sessuali”. Commenti di questo genere sembrano duri, ma non sono del tutto ingiustificati. Un Sinodo che ha a che fare con i giovani e la sessualità dovrebbe anche affrontare – in modo onesto e completo – le radici degli abusi sessuali sui minori. Ci sono delle questioni serie. Spero che l’incontro del 2018 possa candidamente affrontare queste tematiche e mi auguro che il testo subisca le modifiche necessarie per garantire il successo del Sinodo. Il pontificato di Francesco è stato descritto come la medicina di Dio per gli ecclesiastici, la cui nozione della vita cristiana è stata viziata da un eccesso di astrazione. Allo stesso modo, né al Papa né alla Chiesa viene reso un servizio – in particolare in un’epoca di crisi e umiliazione – da un eccesso di sentimento, di compiacimento e di sociologia. Le fede richiede di più.

Charles J. Chaput è arcivescovo di Philadelphia e membro del Consiglio permanente del Sinodo dei Vescovi

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