I preti sposati finiscono in tv: “Lasciateci amare ed essere amati”
I viri probati non bastano. Un’inchiesta in prime time
Roma. Fu una lettera inusuale quella che quattro anni fa giunse sulla scrivania del Papa e sui disordinati tavoli da lavoro dei giornalisti: ventisei donne supplicavano Francesco di lasciarle vivere liberamente con il prete di cui erano innamorate. Parole forti, con una vena di poesia che non poteva non finire in mezzo al chiacchiericcio domenicale tra signore una volta uscite dalla messa: “Noi amiamo questi uomini, loro amano noi, e il più delle volte non si riesce pur con tutta la volontà possibile a recidere un legame così solido e bello”.
Che fare, dunque? Il Papa, durante il Giubileo straordinario della misericordia, incontrò sette famiglie di altrettanti preti sposati che hanno lasciato il ministero. Gesto eclatante, si disse allora: un primo passo verso qualcosa di dirompente e rivoluzionario, forse la fine del celibato. Niente di tutto questo è avvenuto e infatti oggi, a due anni di distanza i preti sposati se ne rammaricano. Lo dicono esplicitamente nelle due puntate de “La scelta-I preti e l’amore”, un’inchiesta giornalistica curata da Paolo Mondani, Daniele Autieri e Stefano Pistolini che sarà trasmessa questa sera alle 21.25 su Nove.
La scelta è quella del prete, chiamato a decidere tra il celibato e l’amore per la donna (o l’uomo). Ma è anche la scelta della chiesa: perché non permettere a un uomo di poter vivere la propria missione di sacerdote coltivando al contempo l’amore per un partner? Interviste, ricostruzioni, opinioni. Tutta l’inchiesta – che spazia tra Italia, Francia, Spagna e Germania – ruota attorno a questi due interrogativi, benché sovente – soprattutto dalle domande poste a suore e preti – si abbia la sensazione di una tesi precostituita, e cioè che la chiesa dovrebbe consentire l’amore libero per il bene dell’umanità, se non altro per stare al passo con i tempi.
Al di là di questo giudizio, però, il problema c’è. Lo si comprende bene ascoltando la voce di sacerdoti – don Paolo Farinella, ad esempio – che raccontano drammi autentici e profondi di uomini che scelgono il sacerdozio ma che lo vivono male, in modo irrisolto. Preti che dopo anni si trovano davanti a una donna verso la quale si sentono attratti e si domandano: “Cosa mi sta capitando?”. Uno di essi, che di vicende così ne ha ascoltate parecchie, dice che “non c’è misericordia da parte dell’istituzione religiosa”, che pur di marciare imperterrita sul sentiero dei propri princìpi è disposta a chiudere un occhio sulla doppia vita di tanti membri del proprio clero. Una religiosa, che è anche psicologa, spiega però che la questione è presa dalla parte sbagliata: se si consentisse ai religiosi di sposarsi, di vivere come tutti gli altri, che senso avrebbe l’essere suora o prete nel mondo così caotico d’oggi? Il celibato, si sa, non è un dogma di fede.
È modificabile e persino cancellabile. Tanti vescovi, anche in Italia, non vedono nulla di male nel superare l’attuale situazione. Francesco però ha fatto sapere, in più d’una occasione che non vede ragioni per cambiare oggi lo status quo. Semmai si possono adottare misure straordinarie per venire incontro a situazioni drammatiche, come quelle dell’Amazzonia senza sacerdoti disponibili a dare i sacramenti. I viri probati sono un tema di cui si discute da tempo ed è verosimile che in tempi non troppo lontani diverranno la normalità.
Sarebbe illusorio, però, pensare che la fine del celibato obbligatorio nella chiesa cattolica romana risolva due dei grandi problemi della contemporaneità: la mancanza di vocazioni e la pedofilia. “Sarebbe il caos”, dice Giuliano Ferrara in uno dei contributi che si vedranno nell’inchiesta, ma ciò sarebbe coerente con “la protestantizzazione della chiesa cattolica”. Non c’è morbosità nelle interviste, ma tanto rigore che scoperchia una realtà che esiste e che di tornare nelle catacombe non ha alcuna intenzione.