I lefebvriani allontanano l'intesa con la Santa Sede
La Fraternità san Pio X fa di nuovo retromarcia. Dopo anni di negoziazione, si torna alla casella di partenza
Roma. Il riavvicinamento della Fraternità san Pio X a Roma si complica, e di parecchio. Dopo anni di negoziati, ora più intensi ora più diradati, segnati da accelerazioni promettenti e repentine retromarce, come nel Gioco dell’oca si torna alla casella di partenza. Giovedì scorso si sono incontrati in Vaticano il nuovo superiore generale dei lefebvriani, don Davide Pagliarani, e il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Luis Ladaria. Presente anche il segretario della Pontificia commissione Ecclesia Dei, mons. Guido Pozzo, grande esperto del dossier.
Il comunicato diffuso dalla Fraternità non edulcora nulla e rileva l’enorme ostacolo che preclude, ancora una volta, la strada a un esito positivo del dialogo: “Durante l’incontro con le autorità romane è stato ricordato che il problema di fondo è di natura squisitamente dottrinale e né la Fraternità né Roma lo possono eludere. È proprio a causa di questa irriducibile divergenza dottrinale che tutti i tentativi di elaborare una bozza di dichiarazione dottrinale accettabile per entrambe le parti sono falliti negli ultimi sette anni. Per questo la questione dottrinale resta assolutamente primordiale”. “Tutto – prosegue la Nota diffusa da Menzingen – spinge la Fraternità a riprendere la discussione teologica, ben sapendo che Dio non le domanda necessariamente di convincere i suoi interlocutori, ma di offrire alla chiesa la testimonianza incondizionata della fede”.
Trattandosi dunque di “irriducibile divergenza dottrinale”, è presumibile un’ennesima battuta d’arresto, anche se non imprevista dopo l’elezione di don Pagliarani quale successore di mons. Bernard Fellay, avvenuta lo scorso luglio. Il nuovo superiore, figura da sempre defilata, appartiene all’ala meno dialogante, soprattutto perché il suo grande elettore – nominato successivamente assistente del leader – è Alfonso de Galarreta, capofila dell’anima più intransigente. Il problema del comunicato diffuso dai lefebvriani è che si sottolinea la necessità di riprendere la discussione teologica, che però c’era già stata, al punto che le bozze dell’accordo che avrebbe dovuto portare la Fraternità san Pio X a essere riconosciuta quale prelatura direttamente dipendente dalla Santa Sede, da tempo sono a disposizione delle parti.
La questione è sempre la stessa, l’accettazione del Concilio Vaticano II. Se mons. Fellay, dopo aver concesso poco nulla a Roma nonostante le misure adottate a suo tempo da Benedetto XVI – dal motu proprio Summorum pontificum sulla liberalizzazione del vecchio messale alla revoca delle scomuniche per quattro vescovi ordinati in modo illegittimo – aveva in qualche modo accettato l’ultima stesura del Preambolo dottrinale che prevedeva l’accettazione del Vaticano II “alla luce della tradizione e del magistero costante della chiesa”, l’elezione del nuovo superiore ha però riportato tutto in alto mare.
Già qualche mese fa l’uscente Fellay aveva chiesto di aspettare, prevedendo forse che la divisione profonda che vive la Fraternità tra dialoganti e intransigenti sarebbe emersa con forza nella votazione per i nuovi vertici, con la sconfitta dell’ala più propensa a proseguire i negoziati. Non è un caso che già due anni fa, al termine di un vertice tra Fellay e gli esponenti più restii ad aprire a Roma, fosse stato diffuso un comunicato in cui si sottolineavano le distanze dalla Santa Sede, chiarendo che “la proclamazione della dottrina cattolica richiede la segnalazione di errori che sono penetrati all’interno di essa, purtroppo incoraggiati da molti pastori, fino al Papa stesso” e sottolineando che la volontà ribadita più di un secolo fa da Pio X di “restaurare tutte le cose in Cristo” non può essere soddisfatta “senza il sostegno di un Papa che favorisca concretamente il ritorno alla santa Tradizione”. I segnali negativi, insomma, c’erano già tutti e nulla fa pensare che il cielo si rasserenerà in tempi brevi.