Da Asia Bibi al medio oriente, il voltafaccia britannico
Quest’anno il Regno Unito ha accolto 1.112 siriani, ma di questi nessun cristiano. La “fobia politicamente corretta” di non apparire antimusulmani
Roma. Nella vicenda di Asia Bibi, il Regno Unito ha fatto notizia finora per il rifiuto del governo di Theresa May di offrire l’asilo alla donna cristiana condannata a morte per “blasfemia” in Pakistan e attualmente sotto tutela protettiva da parte del governo di Islamabad dopo l’assoluzione e le proteste di piazza. “Il governo inglese ha rifiutato di incontrare la famiglia di Asia Bibi”, ha rivelato l’ex vicepresidente del Partito conservatore, Rehman Chishti, spiegando che tre ministri di Theresa May si sono rifiutati di incontrare la famiglia della donna quando a ottobre era a Londra. Sui cristiani perseguitati dai fondamentalisti islamici in Siria e Iraq, l’Inghilterra non sembra essere stata meno codarda. In un articolo sul Telegraph l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, capo spirituale degli anglicani nel mondo, ha parlato di rischio “estinzione” per i cristiani del medio oriente e che stanno vivendo “la peggiore situazione dalle invasioni mongole del Tredicesimo secolo”.
L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, chiede al governo inglese di accogliere i rifugiati cristiani. “Affrontano quotidianamente la minaccia di violenza, omicidio, intimidazione, pregiudizio e povertà. Molti se ne sono andati. Centinaia di migliaia sono stati costretti a lasciare le loro case. Molti sono stati uccisi, ridotti in schiavitù, perseguitati o convertiti a forza. Anche quelli che rimangono si pongono la domanda: ‘Perché restare?’. La popolazione cristiana dell’Iraq, ad esempio, è meno della metà di ciò che era nel 2003 e le loro chiese, case e imprese, sono state danneggiate o distrutte. La popolazione cristiana siriana si è dimezzata dal 2010. Di conseguenza, in tutta la regione le comunità cristiane che erano il fondamento della chiesa universale ora affrontano la minaccia di un’estinzione imminente”.
Ancora più impressionanti, forse, sono i numeri dell’abbandono di quei cristiani da parte dell’Inghilterra. Nei primi tre mesi di quest’anno, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha chiesto che 1.358 siriani fossero accolti in Gran Bretagna, di cui solo quattro erano cristiani. Sebbene il ministero dell’Interno inglese abbia accettato di accogliere 1.112 di questi, Londra ha fatto decadere tutte le richieste da parte dei cristiani. Soltanto undici dei profughi siriani ammessi nel Regno Unito nel 2017 con il programma “Vulnerable Persons Relocation Scheme” erano cristiani, nonostante i cristiani fossero il dieci per cento della popolazione totale siriana prima della guerra civile.
Secondo la ricerca del Barnabas Fund, su 2.637 siriani raccomandati per il reinsediamento nel Regno Unito dall’Onu nel 2015, solo 57 di loro sono stati identificati come minoranze religiose perseguitate in Siria: 43 erano cristiani, uno sciita musulmano e tredici yazidi. I siriani che alla fine sono stati reinsediati dal governo inglese nel 2015 ammontavano a 1.194 siriani. Di questi, 40 cristiani. Cifre ancora più basse nel 2016. 7.444 siriani sono stati raccomandati per il reinsediamento nel Regno Unito dall’Onu. Solo 27 i cristiani.
Perché Londra non li accoglie?
Ieri, nella sua column sul Times, Melanie Phillips scriveva che “ciò che colpisce è la scarsa attenzione a questo problema data la sua portata e importanza. Sebbene l’Arcivescovo di Canterbury abbia parlato, le chiese sono state in gran parte silenziose sulla catastrofe per il loro gregge in tutto il mondo”. In Iraq, i cristiani sono passati da 1,2 milioni a 250 mila, spingendo Canon Andrew White, già “vicario di Baghdad”, a dire che la cristianità in quel paese è over, finita. In Siria, i cristiani sono passati da 1,4 milioni a 450 mila. Allora perché la Gran Bretagna si unisce alla discriminazione contro i cristiani perseguitati?
L’ex arcivescovo di Canterbury, Lord Carey di Clifton, ha affermato che i funzionari inglesi sono “istituzionalmente prevenuti” contro i rifugiati cristiani, mostrando una “fobia politicamente corretta di evitare qualsiasi rischio di essere percepiti come anti musulmani”. La vicenda di Asia Bibi, col tradimento britannico di quella donna cristiana nel braccio della morte pachistano per non adirare le comunità islamiche locali e non mettere in pericolo le ambasciate inglesi all’estero, sembra confermare i peggiori timori. “Oggi i cristiani e altri ‘miscredenti’ sono minacciati dal revival dell’islam jihadista” scrive Melanie Phillips. “Tuttavia, la loro difesa è indebolita da due fattori: l’appeasement verso gli islamisti per paura di ulteriori attacchi e un fallimento nel valorizzare e promuovere il cristianesimo alla base della civiltà occidentale”. Forse il cristianesimo ha qualche chance di ricostruzione in Iraq. È in Inghilterra che la situazione appare spacciata.