Robert Spaemann, un maestro che costringeva a pensare
Se n'è andato il filosofo cattolico tedesco, che colpiva sempre per la chiarezza e la profondità delle sue argomentazioni
Con Robert Spaemann se ne va un vero maestro, uno dei pochi ancora in circolazione. Per questo il lutto è ancora più grande.
Pensatore cattolico, allievo di Joachim Ritter, Spaemann considerava la filosofia come un vero e proprio esercizio di “ingenuità istituzionalizzata”. In un mondo complesso, ripeteva spesso, che altro deve fare un filosofo se non dire ad alta voce quello che sta sotto gli occhi di tutti e che nessuno dice? Per questo paragonava il filosofo alla fanciullina della celebre favola di Andersen. Naturale dunque che qualche potente se ne sia risentito.
La sua riflessione ha ruotato sostanzialmente intorno a due ordini di problemi: il primo riguarda la coscienza moderna, la sua grandezza, ma anche i suoi limiti e la sua crisi; il secondo la riproposizione della teleologia e del diritto naturale, quindi del concetto di persona, come criteri alla luce dei quali affrontare i temi più scottanti dell’etica e della politica contemporanee: i problemi ecologici, quelli bioetici, quelli dell’educazione e quelli relativi alla salvaguardia dello stato di diritto in una società sempre più funzionalizzata, solo per citarne alcuni, certamente centrali in molte sue opere.
Il suo confronto con i classici del pensiero moderno e contemporaneo, da Cartesio a Kant, da Rousseau a Marx, da Hobbes agli illuministi scozzesi, fino a Nietzsche, Habermas o Luhmann, ha sempre seguito, più o meno, lo stesso schema: dapprima un confronto critico, volto a penetrare il loro pensiero e il problema che volta a volta stava al centro della loro attenzione, mostrandone l’importanza ma anche le difficoltà e i limiti; successivamente il confronto diventava, diciamo così, costruttivo, e, grazie soprattutto all’aiuto dei classici più antichi, in particolare Platone e Aristotele, ma anche Agostino e Tommaso, si indicava come certe difficoltà potessero essere superate e nel contempo valorizzate. Direi che sia stato questo lo stile inconfondibile di Robert Spaemann.
Che si parlasse di razionalità dell’agire, di razionalità del potere, di Dio, di giustizia, del senso dell’educazione o della necessaria salvaguardia della natura e della natura umana, Spaemann colpiva sempre per la chiarezza e la profondità delle sue argomentazioni, per la capacità di farsi guidare dalla cosa stessa con una libertà e una radicalità di pensiero davvero impressionanti, sorprendenti, addirittura spiazzanti. Uno stile, il suo, che ispirava fiducia, costringeva a pensare, rimanendo negli anni, almeno per me, una fonte d’ispirazione inesauribile, della quale sento già la mancanza.
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