Evviva Andrea Monda e Andrea Tornielli
Tipi foglianti alla guida dei media vaticani contro i tradizionalisti bru-bru e i novatori frou-frou
Tutte le vecchie volpi finiscono in pellicceria, e tutti i direttori finiscono emeriti, prima o poi. O si emeritano da soli o vengono emeritati. Qui al Foglio ne sappiamo qualcosa, e felicemente per tutti. E’ toccato anche a Gian Maria Vian, studioso accanito e sottile, scrittore e giornalista cattolico di rango, uomo di mondo esperto di politica vaticana, per molti anni direttore dell’Osservatore Romano, ma sopra ogni altra cosa tenuto a battesimo da quel meraviglioso Papa e intellettuale e politico bresciano che risponde al nome canonico di san Paolo VI. E ho detto tutto (un complimento maggiore è impossibile, sarebbe ridondante).
Il nuovo direttore è Andrea Monda. Andrea, collaboratore del Foglio da anni, ha sempre giocato con infinita modestia il suo piccolo ruolo di professore di religione in un liceo romano, ma non è affettazione, è che proprio non se la tira, non ne è capace e non ha inclinazione alla vanità (che è l’unico modo di essere davvero vanitosi). In realtà scrive bene, si ispira a G. K. Chesterton, che è un bell’ispirarsi, il suo è un cristianesimo eco-compatibile in tanti sensi, fervente e attento alle sfide e alle trappole dell’ambiente mondano contemporaneo in cui si cala la parola del Signore, con alterne vicende, anche attraverso la sua chiesa, anche attraverso la televisione cattolica di cui Andrea è star in un brillante reality (Buongiorno professore), sempre sotto la guida provvidenziale di Dio.
Il testo che pubblichiamo nel numero di oggi si spiega da solo. E’ il racconto di una piccola disputa di Andrea con il suo direttore e direttore emerito, diciamo così “laico” e “mondano”, intorno al tema dell’educazione cattolica. Il nuovo responsabile dell’Osservatore Romano spiega con civiltà polemica perché insegnare e trasmettere la cultura cristiana e cattolica è essenzialmente uno stile: sorprendere, suscitare, stimolare, cercare l’emozione del soggetto discente prima che l’affermazione di autorità del soggetto docente. Io resto dell’idea che la docenza non può mancare dell’ammaestramento, cioè di una grandiosa amorevole e severa riduzione dell’allievo al terreno logico, al significato tradizionale della verità oggettiva e tramandata, al senso del passato esaminato in tutta la sua criticità, e questo vale sia per l’educazione cattolica sia per l’educazione in generale. Altrimenti, a barbianeggiare, si entra in una dimensione soggettiva, emozionale, personale, che produce frutti innamorati ma acerbi, immaturi, e rende inutile il percorso dell’educazione, non solo di quella ispirata all’evangelizzazione (parola forse eccessiva in un mondo ideologicamente e religiosamente corretto: fa rima con colonizzazione).
Comunque, sono posizioni opposte ma stilisticamente compatibili, quando a discutere non siano tradizionalisti bru-bru e novatori frou-frou: non mi considero un inquisitore domenicano spagnolo, con tutto il rispetto per il Grande Inquisitore che fu fregato da Dostoevskij e dal suo genio con quella storia immortale del bacio finale e del silenzio di Cristo davanti al suo tribunale, e non considero Andrea uno di quei gesuiti che i cappuccini avrebbero voluto strangolare per avere nascosto il segno di Croce allo scopo di conquistare, senza scandalizzare i miscredenti, nuovi continenti alla fede nel segno dell’inculturazione. Oltre tutto, sull’intera vicenda di cui qui si parla si staglia l’alta e operosa figura di Antonio Spadaro, il Reverendo Padre di fiducia di Bergoglio, mica roba da ridere. E il risultato, meritato dall’intero nucleo familiare, è che ormai ai Monda, che sono come gli Asburgo all’atto dell’elezione di Carlo V di Spagna alla corona imperiale, appartiene un vasto territorio universale, da Roma a Hollywood, sul quale non tramonta mai il sole. Ad multos annos.
Una parola di benvenuto la merita anche un altro Andrea, Tornielli questa volta, che è il sovrintendente generale ai media vaticani di fresca nomina. Collaboratore del Foglio per anni, ma è proprio una dolce e gentile mania, Tornielli da parecchio tempo è il vaticanista della Stampa di Torino e un superblogger bergogliano, sempre in armi contro i nemici interni ed esterni del pontefice. Ha fatto il suo lavoro, che si è scelto e in cui crede, con animoso fervore, con una durezza e radicalità polemica che i suoi avversari tacciano di inquisitoriale, e certo ha dato e darà un contributo professionale all’arginamento degli spadaccini che vedono nel Papa, ciò che è precluso a noi extra muros, una specie di Anticristo. Anche al nostro vecchio vaticanista ciellino, sapendo di dare un dispiacere all’ottimo Antonio Socci, molti cari auguri di buon lavoro.
Vangelo a portata di mano