Di che cosa si parlerà davvero al vertice vaticano sugli abusi
Il summit del mea culpa. Tutti i presidenti delle conferenze episcopali nazionali si ritrovano per discutere di abusi sessuali da parte di membri del clero. Il cardinale Cupich: “E’ in gioco la chiesa”
Roma. Cardinali, vescovi ed esperti della materia si sono già espressi in queste settimane sul vertice che per tre giorni da oggi farà convergere in Vaticano tutti i presidenti delle conferenze episcopali nazionali per discutere di abusi sessuali da parte di membri del clero. “La protezione dei minori nella chiesa” è il titolo ufficiale dell’evento.
Il cardinale Blase Cupich, arcivescovo di Chicago, con tono solenne ha detto che “in gioco non c’è il pontificato di Francesco ma la chiesa”, come se da tre giorni di simposio si potesse determinare il destino di un’istituzione che ha duemila anni. Forse mons. Cupich – complice la pressione mediatica del momento, chissà – si è fatto prendere un po’ la mano, soprattutto se si considera il programma ufficiale del vertice e si leggono i titoli degli interventi che saranno pronunciati davanti ai reverendi convenuti. Oggi si parlerà di “responsabilizzazione dei pastori”. Aprirà le danze il cardinale Luis Antonio Tagle, che svilupperà una riflessione su “l’odore delle pecore. Sentire le difficoltà e guarire le ferite, centro del compito del pastore”. Quindi toccherà a mons. Charles Scicluna, da tempo cacciatore provetto di preti abusatori che parlerà della “chiesa come ospedale da campo. Assumersi la responsabilità”. Nel pomeriggio prenderà la parola il cardinale colombiano Rubén Salazar Gómez che discorrerà della “chiesa trafitta. Affrontare i conflitti e agire con decisione”. Domani si discuterà di “responsabilità” con il cardinale indiano Oswald Gracias (il tema è “Collegialità: inviati in missione”), il già citato Cupich (“Sinodalità: responsabilità condivisa”) e Linda Ghisoni, sottosegretario del dicastero per i Laici, la famiglia e la vita (“Communio: agire insieme”). Sabato mattina aprirà i lavori suor Veronica Openibo (“Essere disponibili: inviati nel mondo), seguita dal cardinale arcivescovo di Monaco Reinhard Marx (“Una comunità di credenti trasparente”) e – nel pomeriggio – dalla giornalista Valentina Alazraki (“Comunicazione: a tutte le persone”). Il tutto inframmezzato da sessioni di dibattito, pause e “lavoro di gruppo”. A gestire l’Aula, padre Federico Lombardi. Dai titoli delle relazioni si comprende subito il carattere quasi penitenziale dell’evento.
Che fine ha fatto il cardinale O’Malley
Un corale mea culpa – in questi giorni s’assiste a teorie di vescovi che esprimono contriti il proprio dolore per i delitti commessi, ultimo il cardinale Gualtiero Bassetti, “condivido il dolore delle vittime” – che però non sembra aggiungere niente di straordinario e di nuovo a quanto già da tempo si dice e si discute sulla chiesa imputata d’essere il ricettacolo dei peggiori depravati viventi sul pianeta. Giusto la presa d’atto che un problema c’è e che è venuto il momento di stendere linee-guida comuni (per quanto possibile) in merito alla risposta da dare. L’antifona s’è avuta ieri, con l’incontro tra il Comitato organizzatore del vertice e un gruppo di rappresentanti di vittime di abuso da parte di membri del clero: erano presenti dodici persone, ha fatto sapere la Sala stampa della Santa Sede. Nelle scorse settimane dal Vaticano si è cercato di calmare le attese – molto mediatiche – di chi avrebbe voluto che il vertice si trasformasse in una sorta di tribuna da cui mettere all’indice cardinali e vescovi rei (o presunti rei) dei peggiori misfatti. Non sarà così, e prova ne è che perfino il capo della Pontificia commissione per la tutela dei minori – cioè l’organismo istituito in questo pontificato proprio per far luce e combattere gli abusi –, il cardinale americano Sean O’Malley, è stato messo in disparte, invitato alla tre giorni di dibattito solo in qualità di membro della consulta cardinalizia che lavora alla nuova costituzione apostolica che governerà la curia (manca poco alla sua pubblicazione). Un po’ poco per chi, solo un anno fa, pubblicava un commento sul sito della diocesi di Boston in cui prendeva le distanze dal Pontefice per quanto da quest’ultimo detto durante il viaggio in Cile, con la difesa del vescovo Juan Barros – poi rimosso dall’incarico – “Non ci sono prove, solo calunnie”.