Pio XII a San Lorenzo dopo il bombardamento del 19 luglio 1943 (foto LaPresse)

Il Papa apre gli archivi sul pontificato di Pio XII: "Prudenza scambiata per reticenza"

Matteo Matzuzzi

I documenti saranno accessibili dal 2 marzo 2020. Scettico il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni: "Dovranno uscire fuori cose clamorose per smentire i dati oggettivi storici"

Roma. Quando il cattolicissimo Emmanuel Mounier, un mese dopo l’elezione di Eugenio Pacelli al Soglio di Pietro e davanti a quella che a lui sembrava un’accettazione passiva dell’aggressione dell’Italia fascista all’Albania, scrisse che “lo scandalo, a causa di questo silenzio era entrato in migliaia di cuori”, non avrebbe forse immaginato che da lì avrebbe iniziato a germinare la “leggenda nera” del Papa amico di Hitler trascinatasi fino a oggi. Un mito che forse avrà fine il 2 marzo del 2020, quando saranno aperti gli Archivi vaticani per tutto il pontificato di Pio XII. L’annuncio l’ha dato Francesco, ricevendo in udienza il personale dell’Archivio segreto vaticano: “La chiesa non ha paura della storia, anzi, la ama, e vorrebbe amarla di più e meglio”. Come la pensi Bergoglio del predecessore eletto Papa il 2 marzo del 1939 e morto il 9 ottobre del 1958 non è un mistero: “La figura di quel Pontefice che si ritrovò a condurre la Barca di Pietro in un momento fra i più tristi e bui del Ventesimo secolo”, “oggi è stata opportunamente rivalutata e anzi posta nella giusta luce per le sue poliedriche qualità: pastorali, anzitutto, ma poi teologiche, ascetiche e diplomatiche”.

 

  

Ma le leggende sono dure a morire. Nel 1963 Rolf Hochhuth ci mise del suo, con “Il vicario” messo in scena per la prima volta a Berlino, dove il defunto Pacelli era dipinto come un collaborazionista del Führer, silente dinanzi al lavorìo incessante dei forni crematori nazisti. Una leggenda alimentata dall’Internazionale comunista, scrisse nel 2005 la Civiltà Cattolica, ma condivisa pure da eminenti cattolici del calibro di François Mauriac, che accusò esplicitamente il Papa di non aver fatto nulla per fermare la mano hitleriana. Undici anni fa, quando Benedetto XVI proclamò venerabile Pacelli, fu il governo d’Israele a insorgere: “Il tentativo di far diventare santo Pio XII è inaccettabile, durante il periodo dell’Olocausto il Vaticano sapeva molto bene quello che stava accadendo in Europa”, disse l’allora ministro per gli Affari della diaspora, Isaac Herzog. Basterà questo per farla finita con le dicerie sul Papa amico di Hitler? “Dovranno uscire fuori cose clamorose per smentire i dati oggettivi storici: vorremmo sapere quali documenti saranno messi a disposizione. Ci sono tutti o solo una parte?”, si è chiesto uno scettico (da sempre, sul tema) Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma.

 

Il prefetto dell’Archivio segreto vaticano, mons. Sergio Pagano, che le carte le ha viste, ha scritto sull’Osservatore Romano che “su quel triste, anzi terribile scenario, sia prima dell’ultima guerra, sia durante il suo tragico svolgimento, sia dopo di essa, spicca con connotati propri la grande figura di Pio XII, troppo superficialmente giudicata e criticata per alcuni aspetti del suo pontificato”. Il Papa si è detto “sicuro che la seria e obiettiva ricerca storica saprà valutare nella sua giusta luce, con appropriata critica, momenti di esaltazione di quel Pontefice e, senza dubbio anche momenti di gravi difficoltà, di tormentate decisioni, di umana e cristiana prudenza, che a taluni poterono apparire reticenza”. 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.