Via l'aureola a Papa Wojtyla
Appello cattolico per togliergli la santità. “Ha imposto una teologia della donna ispirata alla Vergine Maria”
Roma. La pura logica suggeriva che prima o poi si sarebbe arrivati a chiedere la decanonizzazione di Giovanni Paolo II, cioè togliergli l’aureola e stabilire che non è più santo. Altro che mea culpa collettivo recitato in un summit di tre giorni in Vaticano sulla protezione dei minori nella chiesa: qui si tratterebbe di vedere un Papa che si scusa pubblicamente per aver proclamato santo un Papa suo predecessore che odorava ben poco di santità. Quel momento è giunto, con l’autorevole quotidiano francese Monde che ha ospitato un j’accuse firmato da due autorevoli signore cattoliche, Christine Pedotti e Anne Soupa, cofondatrici della Conferenza cattolica delle battezzate francofone, scrittrici – anche di saggi per editori religiosi – e ideatrici del Comité de la Jupe per lottare contro la discriminazione delle donne nella chiesa cattolica.
Anne Soupa è una biblista, ospitata perfino sulle colonne dell’Osservatore Romano. Ciò che imputano a Giovanni Paolo II non è tanto la tolleranza verso il legionario di Cristo Marcial Maciel Degollado, bensì la visione della donna che il Papa polacco ha imposto alla chiesa nel suo quarto di secolo di pontificato. La sua colpa è intanto quella (da cardinale arcivescovo di Cracovia) di “essere stato la voce decisiva che portò Papa Paolo VI a condannare la contraccezione nell’enciclica Humanae vitae”, quindi di aver “elaborato una teologia della donna riferita alla Vergine Maria, figura di silenzio e di obbedienza”. Che a un Papa, vicario di Cristo in terra, sia imputato di aver preso a riferimento la madre di Cristo e madre della chiesa, è quantomeno curioso. Ma non finisce qui, visto che Karol Wojtyla “protettore degli abusatori nel nome della ‘ragione della chiesa’ e principale autore della costruzione ideologica della donna” merita di subire una damnatio memoriae in piena regola: “Chiediamo che sia vietato insegnare, diffondere o pubblicare la ‘teologia del corpo’ da lui predicata nel corso delle catechesi del mercoledì”.
Le due “esperte” scrivono che è a causa di Giovanni Paolo II che “la donna diventa un’idea concepita esclusivamente da uomini – per di più celibi. La sua unica vocazione, il suo scopo, è quello di aiutare l’uomo attraverso il matrimonio e la maternità o di servire la chiesa nella castità religiosa. Una visione che non ha niente a che vedere con le donne in carne e ossa, fatte di sangue, mente e anima che costituiscono – occorre ricordarlo – la metà del genere umano e almeno i due terzi dei cattolici praticanti”. Ecco, scrivono Pedotti e Soupa, “il primo abuso commesso contro le donne è questa idealizzazione, questo inganno che maschera le innumerevoli discriminazioni di cui sono oggetto le donne nella chiesa. E’ sull’altare di questa idea di donna che la vita delle donne vere è sacrificata”. Nella chiesa, si legge nell’articolo, “la donna deve rispondere a una duplice vocazione, vergine o madre” senza che “sia lasciato alcuno spazio alle altre dimensioni dell’essere umano”. Pedotti e Soupa sono convinte di quel che dicono, definiscono questa ideologia “una menzogna” e un’ipocrisia che – qui il volo pindarico è notevole – “è stata rivelata dagli abusi sul corpo delle religiose”. Nel caos contemporaneo a tratti folle che non risparmia neppure la chiesa, si può dunque anche imputare a un Papa di avere idealizzato il modello femminile rappresentato da Maria, che fino a prova contraria – per chi è cattolico come le due “esperte” – è santissima e madre di Dio.
Editoriali